Il CTU ha riconosciuto una diminuzione delle attitudini lavorative dovuta ai postumi invalidanti derivanti dall’infortunio sul lavoro che l’Inail in revisione aveva negato (Tribunale di Terni, Sez. Lavoro, Sentenza n. 210/2021 del 20/05/2021- RG n. 480/2020)

La ricorrente denuncia che a seguito di infortunio sul lavoro occorso in data 13.06.2014 gli veniva riconosciuta una percentuale di danno biologico del 12% e complessivamente del 14% (cumulata con precedente invalidità del 2% per trauma distorsivo del ginocchio destro).

Deduce, inoltre, di avere presentato in data 21.02.2019 all’Inail richiesta di revisione per aggravamento, respinta dall’Istituto, anche in sede di opposizione, con conferma della pregressa valutazione.

Si costituisce in giudizio l’Inail sostenendo la correttezza della valutazione dei postumi dell’infortunio e il Giudice dispone la CTU Medico-Legale.

Terminata la fase istruttoria, il ricorso viene ritenuto fondato.

Preliminarmente viene dedotto che la rendita per inabilità permanente è una prestazione che fa capo all’Istituto ai sensi dell’art. 66 DPR 1124/65 e che, secondo quanto dispone l’art. 74, viene corrisposta allorquando un infortunio o una malattia professionale abbiano determinato una diminuzione delle attitudini lavorative, totale o parziale, in misura comunque superiore al 10%.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000, la costituzione della rendita per inabilità permanente parziale derivante da postumi di infortunio sul lavoro o malattia professionale viene liquidata con modalità e criteri diversi da quelli stabiliti in precedenza dal predetto art.74 che, come corretto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 93 del 24.05.1977, richiedeva che l’attitudine al lavoro fosse diminuita nella misura minima dell’11%.

Dunque, allo stato, gli infortuni sul lavoro comportano la liquidazione di un indennizzo per danno biologico in somma capitale per le lesioni pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%; mentre per le menomazioni incidenti in misura pari o superiore al 16% è prevista una rendita – sostitutiva, di quella di cui al predetto art. 74 – ripartita in due quote, la prima secondo il danno biologico subito e la seconda per le conseguenze di natura patrimoniale.

La misura della rendita può essere revisionata, su domanda del titolare o per disposizione Inail, nel caso di diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro ed in genere a seguito di modificazione delle condizioni fisiche del citato titolare, purché, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dall’infortunio o malattia professionale che ha dato luogo alla liquidazione della rendita.

Nell’eventualità di recupero dell’integrità psicofisica nei limiti del minimo indennizzabile in rendita, qualora il grado di menomazione accertato sia compreso nel limite indennizzabile in capitale, viene corrisposto l’indennizzo in capitale calcolato con riferimento all’età dell’assicurato al momento della soppressione della rendita.

Tanto chiarito, il lavoratore ha subito un infortunio nel 2009 con esiti invalidanti del 2%, ed uno successivo nel 2014 con riconoscimento di un danno biologico del 12%.

Il CTU ha accertato, che in seguito all’infortunio del 13/06/2014 il ricorrente ha riportato:

“… lesioni al ginocchio sinistro ed alla caviglia sinistra, trattate le prime con intervento chirurgico di ricostruzione biologica del legamento crociato anteriore del 23/6/ 2014, le seconde conservativamente con immobilizzazione in ortesi ed astensione dal carico deambulatorio. Nel 2018, a seguito di sopravvenuto aggravamento delle condizioni dell’articolazione del ginocchio (comparsa di alterazioni degenerativo -artrosiche: s laminamento dei menischi, notevole aumento dell’estensione della condropatia femoro -rotulea e femoro -tibiale) fu sottoposto ad un secondo intervento di «meniscectomia selettiva mediale e laterale in gonartrosi»; infine nel novembre 2019 è stato sottoposto ad intervento di artroprotesi di ginocchio per grave gonartrosi; il decorso post – operatorio fu complicato da una sovrapposizione infettiva che ha causato un allungamento dei tempi di recupero ed un successo davvero parziale dal punto di vista funzionale”… ” … Allo stato attuale l’invalidità permanente causalmente correlata agli esiti dell’infortunio del 13/6/2014 è adeguatamente quantificabile nella misura del 15%, alla luce delle previsioni tabellari ex DM 12/7/2000 n. 275 (« Deficit articolare del ginocchio con flessione possibile da 50° a 90°: 0 -7% »), n. 276 (« Deficit articolare del ginocchio con estensione impossibile negli ultimi 15° (da 165° a 180°): fino a 12% »), n. 293 (« Anchilosi della caviglia in posizione favorevole: 12% ») e n. 308 (« Artroprotesi di ginocchio, non comprensiva del danno funzionale, a seconda dell’età: fino a 4% »)”, che cumulata con le invalidità riconosciute dall’Inail per i postumi di altro infortuni sul lavoro, non oggetto di contestazione, del 2% (infortuni o del 2009) determina una percentuale complessiva di invalidità permanente del 17 % con decorrenza dalla data di presentazione della domanda di revisione per aggravamento al saldo.”

Per tali ragioni, viene riconosciuto alla parte ricorrente un indennizzo da erogarsi in rendita ai sensi dell’art. 13, comma 2° lett. ‘a’ e ‘b’, del d. lgs. n. 38 del 2000 in ragione di una percentuale di danno biologico pari al 17%.

Ergo, il ricorrente ha diritto alla relativa prestazione con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria nella misura di legge, salvo il limite di cui all’ art.16, comma 6, della legge n. 412/91, dalla data di presentazione della domanda di revisione per aggravamento al saldo.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, condanna l’Inail a corrispondere in favore della parte ricorrente una rendita ai sensi dell’art. 13, comma 2° lett. “a” e “b” d. lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 in ragione di postumi permanenti derivanti da infortunio, cumulati con pregresse invalidità già riconosciute, nella percentuale del 17%, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria nella misura di legge, salvo il limite di cui all’ art.16, comma 6, della legge n. 412/91 , dalla data di presentazione della domanda di revisione per aggravamento al saldo; condanna l’Istituto al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese processuali liquidate in euro 1.500,00, oltre spese generali e accessori.

Avv. Emanuela Foligno

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