Le perizie  del tribunale avevano accertato il nesso della disabilità con le vaccinazioni, iniziate nel 1981. La Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero per decorrenza dei termini di presentazione della domanda di risarcimento

La Corte di Cassazione, con una sentenza degli ultimi giorni, ha messo la parola fine a una vicenda iniziata nel 1981 e relativa al contenzioso tra la famiglia di un ragazzo disabile veneto, ora 37enne, e il Ministero della Salute. Il giovane, allora neonato, era stato sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie ma dopo alcuni giorni si erano manifestate le prime reazioni tra cui febbre alta e altri disturbi che lo avevano portato a non parlare più.
Secondo l’avvocato di famiglia, la situazione si sarebbe poi ulteriormente aggravata dopo lo svolgimento delle altre vaccinazioni con l’interessamento del sistema nervoso e immunitario. “Il personale sanitario – spiega il legale  – invece di sospendere il ciclo vaccinale, hacontinuato a rispettare il calendario vaccinale e questo ha compromesso ulteriormente il quadro clinico del ragazzo. Le patologie sono diventate così irreversibili”. Le reazioni più gravi, in particolare, si sarebbero manifestate dopo la seconda dose dell’antipolio, il principale indiziato della patologia diagnosticata al paziente: encefalopatia epilettica con grave ritardo psicomotorio e del linguaggio con sindrome autistica.
Il padre del ragazzo, nominato nel frattempo amministratore di sostegno del figlio, nella convinzione della correlazione tra il vaccino e la patologia del figlio si è costituito in giudizio davanti al Tribunale di Treviso contro il Ministero della Salute per ottenere l’indennizzo previsto dalla legge 210/92 a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni. La consulenza medico legale disposta dal giudice ha confermato il nesso causale condannando il Ministero al riconoscimento dell’indennizzo.
A fronte del ricorso del dicastero di Lungotevere Ripa la vicenda è approdata prima in appello, con la conferma nel 2013 della sentenza di primo grado da parte della Corte d’Assise di Venezia, e successivamente in Cassazione. La Suprema Corte tuttavia non ha accolto il ricorso del Ministero, basato sulla considerazione che la domanda di risarcimento era stata presentata oltre i termini di legge. Gli Ermellini hanno infatti chiarito che, in base all’articolo 3 della legge 210/92, il termine dei tre anni per la presentazione della domanda amministrativa decorre dalla “conoscenza della derivazione causale del danno dalla somministrazione del vaccino” e che quindi i termini erano stati rispettati.
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