La decisione a commento si presenta interessante, al di là della questione inerente il mantenimento della moglie (che nulla innova rispetto all’orientamento già in essere), perché riguarda “l’arricchimento” del genitore dovuto all’eredità ricevuta per il decesso del padre di cui si dovrà tenere conto per il mantenimento dei figli (Cassazione Civile, 28 febbraio 2024, n. 5242).

La vicenda

Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 1542/2021, dichiarava la separazione dei coniugi e assegnava la casa coniugale alla moglie affinché ci vivesse con i figli; disattendeva la richiesta di quest’ultima di riconoscimento di un assegno di separazione; poneva a carico del marito, a titolo di concorso al mantenimento dei 2 figli, la somma di € 400 per ciascuno.

La Corte d’Appello di Venezia, a seguito dell’impugnazione principale presentata dalla moglie, osservava che se vi era stato uno squilibrio fra le posizioni economiche delle parti, questo era venuto meno da quando la moglie aveva ottenuto l’assegnazione della casa familiare come genitore collocatario della prole e il marito aveva dovuto prendere in locazione un immobile ad uso abitativo.
Escludeva che la moglie avesse diritto a un assegno di mantenimento a suo vantaggio, tenuto conto che la stessa aveva ormai la possibilità, stante l’età dei figli, di incrementare con orario pieno il proprio stipendio e di potere cogliere occasioni di avanzamento/conversione professionale destinate a migliorare il suo reddito, mettendo a frutto la laurea conseguita in costanza di matrimonio.
Ricordava, inoltre, che il richiedente l’assegno di mantenimento non può porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale quando emerga che egli, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire o migliorare un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini/capacità. Confermava la misura del contributo dovuta dal padre per il mantenimento dei figli tenuto conto del presumibile incremento dei suoi guadagni.

L’uomo propone ricorso in Cassazione.

La S.C. ricorda che entrambi i coniugi devono adempiere all’obbligazione di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo, ma non vi è un criterio automatico per la determinazione dell’ammontare dei rispettivi contributi.
La via giusta è quella di ricorrere a un sistema più completo ed elastico di valutazione, che tenga conto non solo dei redditi, ma anche di ogni altra risorsa economica e delle capacità di svolgere un’attività professionale o domestica, e che si esprima sulla base di un’indagine comparativa delle condizioni – in tal senso intese – dei due obbligati (Cass. 10901/1991).

Ciò posto, nella determinazione del contributo dovuto ai figli, non è indifferente il variare delle condizioni reddituali e patrimoniali dei genitori, poiché a queste va direttamente ragguagliata l’entità del mantenimento, così da assicurare ai figli, per quanto possibile, anche in regime di separazione, un tenore di vita proporzionato alle possibilità economiche della famiglia.

L’uomo aveva ricevuto l’eredità del padre

La Corte d’Appello, avendo registrato che l’uomo non risultava proprietario di alcun immobile e coadiuvava il padre (proprietario, invece, di numerosi fabbricati e terreni utilizzati per la propria impresa agricola) nella sua attività, doveva accertare il variare delle condizioni patrimoniali (ed eventualmente reddituali) dell’obbligato, conseguenti al decesso del genitore e alla sua eredità, al fine di parametrare il contributo di mantenimento ai figli riguardo a queste nuove condizioni.

Tale accertamento non è stato effettuato in termini puntuali, poiché la Corte, dopo aver dato atto del recente decesso del genitore dell’uomo, si è limitata a considerare che ora la gestione dell’azienda agricola era presumibilmente stata affidata ad egli e al fratello, con un aumento dei guadagni rispetto al passato.
La Corte di Appello, nel prendere in esame congiuntamente le domande di decremento (nel senso richiesto dal padre) o incremento (come voluto, invece, dalla madre) del contributo al mantenimento dei figli, ha spiegato perché non era possibile procedere a una diminuzione dell’assegno, ma non ha fatto cenno ad alcuna ragione idonea a motivare il rigetto della contrapposta pretesa.

La sentenza di secondo grado è viziata

Il rigetto del motivo di appello presentato sul punto dalla moglie risulta così non giustificato, perché la lettura della decisione impugnata rende percepibili le ragioni di diniego dell’incremento, ma non consente di capire i motivi per cui i non è stato riconosciuto l’aumento sollecitato dalla moglie per il contributo al mantenimento dei figli.
Rimane perciò viziata, anche per difetto di motivazione, la valutazione compiuta dalla Corte di merito a proposito della possibilità di riconoscere un incremento dell’assegno di mantenimento per i figli.

La decisione viene cassata e rinviata alla Corte d’Appello che dovrà accertare il variare delle condizioni patrimoniali (ed eventualmente reddituali dopo l’eredità) dell’uomo conseguenti al decesso del suo genitore al fine di parametrare il contributo al mantenimento dei figli riguardo a queste nuove condizioni.

Avv. Emanuela Foligno

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