Pur in presenza di un atto pattizio che attribuisca ai titolari di stabili siti a piano terra di un edificio, che attribuisca l’esclusivo del marciapiede antistante, per installarvi tavolini, ombrelloni, arredi o merci, non deve “ostacolare il passaggio pedonale ai condomini del complesso immobiliare”

La vicenda

In primo grado, il Tribunale di Udine, su istanza formulata dagli altri condomini, aveva ordinato al proprietario di un ristorante sito nello stesso stabile di rimuovere la struttura fissa, costituita da tettoie e portici (“bricole”), posta in essere sul marciapiede comunale a servizio dell’attività del locale.
Con ricorso per Cassazione il titolare del predetto ristornante impugnava la decisione di merito per violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione al punto h) del contratto stipulato con atto notarile, il quale attribuiva alle unità immobiliari site al piano terra del diritto di uso esclusivo del marciapiede rispettivamente antistante, per installarvi tavolini, ombrelloni, arredi o merci, “senza però ostacolare il passaggio pedonale ai condomini del complesso immobiliare”.
A detta del ricorrente le opere successivamente eseguite (nel 2008) non avevano modificato la struttura preesistente, né per dimensioni né per ancoraggio, giacché volte unicamente a unicamente a sostituire il telo di copertura in pvc, divenuto fatiscente, con una tettoia in legno; le stesse dovevano, perciò, intendersi conformi all’uso pattiziamente convenuto.

Ma i giudici della Cassazione non hanno accolto il motivo di ricorso.

Decidendo in ordine ad analoga fattispecie, I giudici di legittimità (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712) hanno già affermato che “allorché un atto di autonomia privata, costituente “titolo” agli effetti dell’art. 1117 c.c., stabilisca che lo spazio esterno al fabbricato non sia destinato all’uso o al godimento comune (come conseguente alla presunzione di cui al medesimo art. 1117 c.c.), restando attribuito all’uso esclusivo dei locali di proprietà individuale adibiti ad attività commerciale, viene a costituirsi un rapporto di natura pertinenziale posto in essere dall’originario unico proprietario dell’edificio, legittimato all’instaurazione ed al successivo trasferimento del rapporto stesso ai sensi degli artt. 817, Comma 2, e 818 c.c.“.
«E’ tuttavia, evidente  – si legge nella sentenza impugnata – che la ravvisabilità di un tale titolo di fonte contrattuale, che attribuisca ad uno o a più condomini l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, costituisce questione di interpretazione, ovvero di ricostruzione dell’esatta volontà negoziale dei condomini, e presuppone un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito».
A tal fine, la Corte d’Appello di Trieste aveva evidenziato come la modifica strutturale operata dal titolare del ristorante nel 2008, avesse cagionato un impedimento di fatto all’accesso degli altri condomini sul marciapiede, e quindi anche una violazione delle regole imposte con l’atto di acquisto, che infatti, come espone lo stesso ricorrente, pur attribuendo ai proprietari degli immobili al piano terra il diritto di uso esclusivo del marciapiede, mantenevano comunque il divieto di “ostacolare il passaggio pedonale ai condomini del complesso immobiliare”. L’accertamento della violazione dell’uso pattiziamente consentito dell’area condominiale, in quanto attinente ad un’indagine di fatto, è insindacabile in sede di legittimità.
Il ricorso è stato perciò rigettato perché inammissibile in quanto volto ad ottenere “soltanto  una diversa (e più favorevole) interpretazione delle clausole del titolo contrattuale, nonché una diversa valutazione della consistenza delle opere realizzate; non consentita a giudici della Cassazione”.

La redazione giuridica

 
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