Mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede: Il Comune non ha fornito la prova liberatoria in relazione all’art. 2051 c.c.

Mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede: I Giudici di merito decidevano sui canoni della responsabilità aquiliana

Mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede causano la caduta del pedone e della vicenda viene investiva la Suprema Corte (Cassazione civile sez. VI, 13/01/2022, ud. 16/11/2021, pubblicata il 13/01/2022, n.900), dopo una doppia conforme di rigetto.

Il pedone danneggiato conveniva davanti al Tribunale di Messina il Comune di Messina per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da una caduta cagionata dalla presenza di mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede.

Il Tribunale rigettava la domanda con sentenza del 16 settembre 2015 e anche la Corte d’Appello di Messina rigettava il gravame.

Il pedone impugna in Cassazione lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., per non avere il Comune di Messina fornito prova liberatoria in relazione alla propria responsabilità ex art. 2051 c.c., ed erronea applicazione dell’art. 2043 c.c., ritenendo prevedibile e visibile l’insidia, da parte della Corte territoriale.

Il primo motivo è inammissibile in quanto volto ad una critica direttamente fattuale in ordine alla ricostruzione dei fatti compiuta nella fase di merito.

Ad ogni modo, gli Ermellini osservano che la motivazione della decisione della Corte territoriale dimostra con inequivoca chiarezza che sia stato ritenuta sussistente la fattispecie dell’art. 2051 c.c., e non quella generale di cui all’art. 2043 c.c..

Il Giudice d’Appello ha condiviso l’accertamento svolto dal primo Giudice descritto come frutto di un “ragionamento immune da censure, posto che in tema di danno causato da cose in custodia il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale e ad escludere, congiuntamente, la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., può essere costituito anche dalla condotta della vittima; “conseguentemente secondo la Corte d’Appello. la sentenza impugnata non erra nel ritenere che nel caso de quo la caduta dell’odierno appellante, ascritta a mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede, sia in realtà ascrivibile in via esclusiva ad una disattenzione dello stesso danneggiato.”

Il motivo presentato denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. 21 dicembre 2012, n. 247, e del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, per avere la Corte territoriale condannato la ricorrente a rifondere le spese nella misura di Euro 7642, affermando di avere applicato appunto il D.M. n. 55 del 2014. Di quest’ultimo la corte avrebbe dovuto però applicare lo scaglione 5200,01-26.000, che avrebbe dato come massimo l’importo di Euro 6798; e anche per lo scaglione 26.000,01-52.000 la tariffa media sarebbe stata inferiore, ovvero Euro 6615.

Questo motivo censura la determinazione dello scaglione in modo generico, non vengono indicate le ragioni per cui il Giudice d’Appello avrebbe poi scelto quello scaglione per cui la stessa ricorrente riconosce che non è stato superato il massimo, bensì lamenta la non applicazione della tariffa media.

Il motivo è inammissibile per genericità.

In conclusione, il ricorso viene dichiarato integralmente inammissibile, con conferma delle statuizioni di secondo grado in merito alla assenza di responsabilità del Comune di Messina per le mattonelle traballanti nella pavimentazione del marciapiede.  

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