Il chirurgo, primario del Sant’Eugenio di Roma, era finito ai domiciliari per assenteismo ma per la Suprema Corte la Procura non ha tenuto conto del fatto che l’uomo superava abbondantemente il suo monte ore giornaliero

Era finito agli arresti domiciliari lo scorso giugno con le accuse di concorso per truffa e falso. Paolo Palumbo, chirurgo primario del reparto grandi ustionati dell’Ospedale Sant’Eugenio di Roma e manager della sanità del Lazio è stato invece riabilitato dalla Corte di Cassazione. Al medico, che era anche stato interdetto dalla professione per un anno, la Procura aveva contestato di aver utilizzato l’orario di lavoro per svolgere affari personali con la complicità del fratello, anche lui medico in servizio presso lo stesso nosocomio.

A supporto dell’accusa di assenteismo vi sono le immagini delle telecamere installate nel parcheggio dell’Ospedale, che avevano documentato i movimenti della vettura del camice bianco in uscita dalla struttura sanitaria, mentre le timbrature del suo badge ne certificavano la presenza in corsia. Anche le celle dell’utenza telefonica del primario agganciavano, negli orari in cui Palumbo risultava a lavoro, località ben distanti dal Sant’Eugenio.

Secondo la Procura, quindi, tra il 2013 e il 2014, i due fratelli medici avrebbero “tratto in errore i responsabili dell’ufficio del personale dell’Ospedale Sant’Eugenio sul numero delle ore di lavoro effettivamente svolte, così procurandosi un ingiusto profitto consistito nella retribuzione per le ore di servizio non svolte ma falsamente attestate e quindi non dovute”.

Ma i giudici della Suprema Corte hanno annullato l’ordinanza di arresto accogliendo la tesi difensiva di Palumbo. Nel ricorso, infatti, il suo legale sottolineava come la procura non avesse mai accertato quante ore di lavoro dovessero essere garantite dal primario. Una verifica in tal senso avrebbe fatto emergere che il medico superava abbondantemente il suo monte ore giornaliero di sei ore.

Inoltre, in merito alle registrazioni dell’automobile e all’utenza telefonica, per la Cassazione “si è totalmente omesso di valutare i rilievi della difesa sul fatto che le due utenze telefoniche intestate a Palombo e l’autovettura, fossero utilizzate comunemente da altri soggetti oltre che dall’indagato come ad esempio sua moglie”.

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