Una nota dottoressa omeopata è stata prima interdetta dai pubblici uffici e poi indagata per l’omicidio colposo – in concorso con una collega già condannata – di una donna morta nel 2015.

A uccidere M.L., 53enne modenese, è stato un melanoma curato con le tisane anziché con le cure più appropriate, che avrebbero previsto la chemioterapia. Per questo decesso, ora, il medico omeopata che l’aveva in cura è indagato per omicidio colposo.

M.G.A.L., omeopata di fama internazionale e molto nota anche in città, era già stata interdetta dai pubblici uffici per questa vicenda. Adesso la Procura di Torino, che per la stessa vicenda aveva già condannato a 30 mesi per omicidio colposo la collega G.D., ha indagato l’omeopata per omicidio colposo.

Il caso della 53enne morta per un melanoma curato con le tisane inizia con una visita, durante la quale alla donna viene riscontrato un neo sulla schiena, rivelatosi poi un cancro della pelle.

Una malattia che, secondo le due omeopate “va curata all’origine, ovvero azzerando i conflitti psichici” e senza ricorrere alla medicina tradizionale.

Ma la donna, seguendo tali precetti, è poi deceduta.

Le due dottoresse sono fedeli seguaci delle discusse teorie del medico tedesco, poi espulso dall’ordine, Rike Geerd Hamer.

La prima è stata già condannata in primo grado a due anni e sei mesi per omicidio colposo. L’altra – modenese – ha ricevuto un’ordinanza da parte del Gip di Torino con la quale viene disposta l’interdizione dai pubblici uffici e la contemporanea notifica all’ordine dei medici di Modena. Le due omeopate, infatti, sono anche medici.

Nel caso della omeopata piemontese, il pm ha detto che aveva proposto alla paziente “un percorso senza fondamenti scientifici che l’ha portata alla morte”.

Il melanoma curato con le tisane e con generici rimedi omeopatici sarebbe dovuto “venire fuori da solo” dal corpo dell’ignara paziente. Una donna che con fiducia si è affidata a tali rimedi, sperando di guarire.

L’imputata, però, ha sostenuto che era stata proprio la paziente a rifiutare le cure tradizionali.

Non è stata creduta dai giudici, che hanno deciso di condannarla.

L’accusa nei confronti dell’omeopata modenese, quindi, è di aver convinto, assieme alla collega già condannata, la paziente a non farsi nemmeno operare, nonostante le metastasi.

Per tale ragione, come riporta Il Resto del Carlino, è ora indagata per concorso in omicidio colposo.

L’esposto contro la donna è stato fatto dal fratello della vittima, il quale ha messo a disposizione degli inquirenti una corposa documentazione.

Allo stesso tempo, il presidente dell’Ordine dei Medici di Modena, il dottor Mauro Zennaro, ha fatto sapere di avere intenzione di assumere “tutti i provvedimenti necessari nei confronti dell’omeopata”.

 

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