Attualmente è in corso la massima incidenza di mesoteliomi a causa dell’uso massiccio del materiale dal secondo dopoguerra fino agli anni ’80 e della lunga latenza della malattia

I casi di tumore causato da esposizione all’amianto rilevati nel nostro Paese, con una diagnosi compresa nel periodo 1993-2015, si attestano attorno a 1500 l’anno. Il settore economico dal quale ne proviene il maggior numero resta l’edilizia. E’ quanto emerge dal VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM). Nel documento, per l’arco temporale indicato, sono descritti distribuzione territoriale dei casi, rapporto di genere, età media della diagnosi e misure epidemiologiche di incidenza.

Il Registro, istituito presso l’Inail, è strutturato come un network ed opera attraverso i Centri Operativi Regionali – Cor. Questi compiono attività di sorveglianza e rilevazione dei casi di mesotelioma maligno su tutto il territorio nazionale attraverso interviste, questionari e documentazione sanitaria. I Cor ricercano attivamente i casi e identificano le modalità di esposizione all’amianto, sia di origine professionale sia di natura ambientale.

L’Italia risulta uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie amianto correlate. Attualmente è in corso la massima incidenza di mesoteliomi. Ciò a causa dell’uso massiccio del materiale dal secondo dopoguerra fino agli anni ’80 e della lunga latenza della malattia.

Dal 1992 è in vigore il bando di ogni forma di estrazione, lavorazione, importazione e commercio di amianto.

Tuttavia, mentre l’utilizzo diretto del materiale è del tutto cessato, permane il tema della possibile esposizione dei lavoratori impegnati in attività di manutenzione di edifici con presenza di amianto e del corretto svolgimento delle attività di rimozione e bonifica. A spiegarlo è Alessandro Marinaccio, responsabile del ReNaM,

Il numero complessivo dei casi rilevati resta invece invariato rispetto alla precedente edizione del Rapporto. Secondo le previsioni epidemiologiche, lo sarà ancora per qualche anno.

Nel Rapporto sono pubblicati inoltre approfondimenti di ricerca che il ReNaM svolge su argomenti specifici. È il caso di uno studio epidemiologico sulla differenza di genere in relazione all’incidenza del mesotelioma. “Lo studio – evidenzia Marinaccio – mostra che in Italia, tra i casi di mesotelioma maligno, c’è una componente femminile maggiore rispetto ad altri Paesi”. Questo dipende dalla maggiore rilevanza dell’esposizione non professionale, cioè quella ambientale e familiare. Ma a incidere è anche una consistente presenza di forza lavoro femminile nel settore tessile, dove nel passato è stata documentata la possibile esposizione.

La consapevolezza dell’origine professionale o ambientale del mesotelioma nelle donne, per Marinaccio “può migliorare l’efficienza delle politiche di prevenzione”. Ciò, consentendo di “individuare gli strumenti più adatti per valutare l’esposizione all’amianto in un’ottica di genere”.

 

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