La pubblicazione scoperta dal figlio del paziente. Coinvolto un docente della Seconda Università di Napoli, che ha sanzionato i professori coinvolti. Ma non sarebbe il primo caso: un precedente lo scorso mese a Veterinaria

La storia di un paziente affetto da morbo di Crohn, deceduto, si trasforma in un’esperienza dall’esito positivo per uno studio scientifico in cui si racconta di un (fittizio) successo medico di tal valore da finire sulle pagine di una rivista internazionale, l’International Journal of Surgery Case Reports. Ad accorgersi dell’articolo è il figlio del paziente deceduto, professore associato all’Imperial College di Londra, che riconosce le foto delle radiografie e i dettagli dell’intervento, scoprendo quella che subito definisce una “frode scientifica”.

A raccontare la storia è il quotidiano Repubblica che parte dall’inizio della storia, e cioè dal novembre del 2014: il paziente, molto grave, viene visitato dal professor Francesco Selvaggi, docente associato di Chirurgia alla Sun. Sottoposto a un intervento di urgenza, l’anziano muore dopo 21 giorni a causa di varie complicanze. Sull’accaduto, spiega Repubblica, la famiglia non ha recriminazioni, è stato fatto il possibile, ma è proprio a questo punto che la storia prende una piega inaspettata.

A distanza di qualche mese, infatti, il figlio del paziente deceduto scopre la pubblicazione a firma di Selvaggi e di altri (sia professori sia specializzandi della Sun). Al suo interno non solo si sostiene di aver avuto il consenso dei familiari alla pubblicazione dei dati (circostanza smentita da Repubblica), ma la vicenda clinica ha un esito positivo, a differenza di quanto non accaduto nella realtà.

È proprio a questo punto che iniziano gli scambi dei familiari non solo con la rivista, ma anche con il rettore dell’ateneo dove insegna Selvaggi; viene istituita una commissione di inchiesta che riconosce come fondate le accuse e che il caso raccontato è quello del paziente morto. La difesa degli itneressati parla di errore materiale, una svista dovuta alla confusione di cartelle cliniche relative a pazienti dai casi molto simili, ma neanche questo basta.

Un caso di “pubblicazione fraudolenta e falso ideologico” (così si è espressa la famiglia del paziente coinvolto), che ha suscitato scalpore e che ha spinto l’Università a correre ai ripari stabilendo che lo studio va ritirato e l’articolo ritrattato, proprio come chiesto dalla rivista scientifica che lo ha pubblicato.

Peccato che quello riportato, non sia il primo caso che si è registrato nell’Ateneo. Soltanto un mese fa, infatti, sempre il giurì dell’Ateneo, si era trovato ad affrontare una questione di Integrità violata in riferimento a tre articoli (anche questi pubblicate su riviste scientifiche internazionali) questa volta da un gruppo di ricerca coordinato dal professore di Veterinaria Federico Infascelli, ordinario di Nutrizione e alimentazione animale.

Secondo quanto riporta Repubblica, la vicenda era venuta a galla in seguito a un’audizione in Senato dello scorso luglio, in cui il professore metteva in guardia dalla pericolosità di alcuni mangimi contenenti Ogm. In quell’occasione, la senatrice a vita Elena Cattaneo aveva esaminato i lavori presentati e, dopo aver segnalato alcune incoerenze, si era rivolta direttamente all’ateneo per denunciare la presunta manipolazione delle ricerche in questione. Il Rettore aveva quindi nominato una commissione di indagine che ha successivamente “bocciato” l’operato dell’intero gruppo di ricerca parlando addirittura di

“violazioni molto gravi”, di manipolazioni delle foto, di “volontà di fabbricare un risultato sperimentale non esistente”.

Una vicenda dalle conseguenze amare per i ricercatori coinvolti e che è finita persino sulla stampa internazionale, su riviste di prestigio come Nature, e persino sul Retraction Watch, catalogo delle ritrattazioni scientifiche.

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