Nel caso dei tumori professionali non tabellati è l’assicurato a dover provare di avere contratto la neoplasia a causa della attività lavorativa
Come promesso, ho avuto premura, in questo Capitolo, di essere più conciso, sempre nei limiti del consentito, in quanto omissioni gravi possono compromettere la piena comprensione dell’argomento. Si è qui svolto il tema dello studio del nesso causale dei tumori professionali, che, necessariamente si deve ripartire in due sezioni: la parte dedicata ai tumori professionali tabellati e da agenti tabellati e quella dedicata ai tumori professionali non tabellati.
Infatti, nel primo caso la patologia gode della presunzione legale di origine professionale e l’Istituto vi può opporre prova contraria ma con criterio di certezza e non di tipo probabilistico. Viceversa nel secondo caso è l’assicurato che deve provare, secondo una prova semplice e non ardua, di avere contratto a causa della attività lavorativa una neoplasia professionale; e a lui è concesso di poterlo dimostrare anche secondo criterio di probabilità (probabilità qualificata e non semplice possibilità).
Ho ritenuto, secondo anche gli orientamenti della IARC negli anni più recenti, di non restringere il campo dell’attenzione del medico legale ai soli studi epidemiologici sull’umano (che mettono in evidenza la cancerogenicità di un agente solo quando questo ha causato vittime) ma di estenderlo anche agli studi sperimentali sugli animali, agli studi di mutagenicità in vivo ed in vitro sugli animali, di mutagenicità nelle cellule umane in vitro, agli studi sugli addotti agente cancerogeno con DNA e proteine, agli studi di struttura chimica/attività cancerogena, quindi agli studi che dimostrano che un agente può avere proprietà non solo genotossiche ma anche epigenetiche per esplicare un effetto cancerogeno, tra cui senz’altro, svolgere azione immunodepressiva.
Ovviamente non posso dare una risposta di certezza a problemi estremamente complessi. Ho cercato, sulla base di quanto riportato in precedenza dai vari autori sul tema, e dopo lettura e rilettura di quanto espresso sapientemente da Renzo Tomatis, da Cesare Maltoni e da Luigi Viola – il cui pensiero del resto anticipava di molti anni lo spirito del Regolamento Reach, di cui si è scritto nell’Ottavo Capitolo – di proporre una metodologia dello studio del nesso causale che cessi di continuare a fare affossare sia tante ipotesi di denunce di tumori professionali non inoltrate (i tumori professionali perduti) sia di decapitare denunce di tumori professionali che hanno un fondamento sulla base di una medicina legale che oscilla tra la medicina legale difensiva ed un comportamento di scetticismo che di solito provengono da una non conoscenza del problema.
Nell’Appendice si è ritenuto di concludere, proprio in questo Capitolo, il tema della Epidemiologia delle malattie professionali, e nella fattispecie dei tumori professionali, fornendo ulteriori armi per interpretare uno studio epidemiologico.
Se il tempo me lo consentirà e me lo consentiranno la vostra pazienza e quella dei Responsabili di questo quotidiano on line, potrò arricchire successivamente questa sezione di Epidemiologia riportando studi effettuati su agenti cancerogeni che hanno comprovato le ipotesi di cancerogenicità magari già avanzate da studi sperimentali sugli animali.
Avevo citato nel Nono Capitolo la perizia chimica e quella epidemiologica effettuate in occasione del procedimento penale del Tribunale di Taranto e riguardanti gli stabilimenti dell’Ilva (già Italsider) e di cui ho riportato le conclusioni. Oggi queste perizie sono disponibili integralmente sul web. Invito caldamente tutti a leggerle in quanto rappresentano il dramma di tante industrie: che danneggiano la salute dei lavoratori e dei cittadini comuni che risiedono in abitazioni limitrofe.
Lo scetticismo nei negazionisti (che a volte si vantano anche di essere tali quasi il negazionismo delle malattie professionali e dei tumori professionali fosse una corrente filosofica) rappresenta un grave atto di non conoscenza del problema che, in tutte le realtà lavorative ed in genere ambientali, non fa che far continuare a compiersi una serie di veri e propri delitti contro la salute, la vita di noi tutti. La cosa non mi riguarda perché non accade nel mio giardino…
Dr. Carmelo Marmo
Specialista in Medicina Legale
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