Omessa esecuzione di esami preoperatori ed errata prestazione odontoiatrica (Tribunale Viterbo, Sentenza n. 936/2023 pubblicata il 02/10/2023).

Omessa esecuzione di esami preoperatori ed errata prestazione odontoiatrica ha causato la lesione al nervo alveolare inferiore di sinistra.

Vengono citati a giudizio l’Azienda sanitaria locale e l’Odontoiatra al fine di ottenere il ristoro dei danni derivanti dalla omessa esecuzione di esami preoperatori e dall’errato trattamento odontoiatrico.                                                                                 

Nello specifico l’attore lamenta  la omessa esecuzione pre-operatoria dell’esame 3D TC “cone beam”; l’errata esecuzione materiale dell’intervento del 23.11.2015, essendo stata riscontrata la presenza, nell’area sottoposta ad intervento, di frammenti metallici di una fresa odontoiatrica unitamente a frammenti dentari, oltre a una lesione al nervo alveolare inferiore di sinistra; l’omesso e necessario monitoraggio post-operatorio oltre al mancato rilascio da parte del paziente di un valido consenso informato.

A seguito dell’errato trattamento sanitario il paziente veniva poi sottoposto ad un ulteriore intervento chirurgico, presso altra Struttura, il Policlinico Umberto I di Roma, nel corso del quale erano stati asportati i frammenti dentari ed il corpo metallico estraneo rimasti nel cavo orale all’’esito del primo intervento.

L’ASL contesta la domanda e rileva che la presenza del materiale metallico nel cavo orale dell’attore non era dipesa da un errore medico, ma attribuibile ad un evento imprevedibile quale la rottura del terminale rotante del trapano; e che il paziente non aveva seguito le indicazioni mediche post operatorie (l’esecuzione di una radiografia), né si era presentato alla visita di controllo fissata.

Preliminarmente, il Tribunale dà atto che la vicenda, avvenuta nel 2015 in data antecedente la Legge n. 24/2017 (cd legge Gelli-Bianco), soggiace alle disposizioni contenute nella Legge n. 189/2012 che qualificava in termini contrattuali ex art. 1218 c.c. la responsabilità del Sanitario e della Struttura.

Conseguentemente ricade sul paziente l’onere di provare la fonte negoziale e di allegare la circostanza di inadempimento della controparte, consistente nell’eventuale aggravamento della patologia o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto della condotta medica; sulla Struttura invece ricade l’onere di dimostrare il corretto adempimento.

Ciò posto, la paziente accedeva all’ospedale per sottoporsi a visita specialistica maxillofacciale, all’esito della quale veniva diagnosticato l’inclusione ossea parziale dell’elemento dentale 2.8 e totale dell’elemento dentale 1.8 e 3.8. Successivamente veniva sottoposta agli accertamenti di prericovero e all’intervento stabilito.

Dalla CTU è emerso  è emerso che la paziente era affetta  disondontiasi – ossia una condizione in cui l’elemento dentale è incluso nell’osso non potendo liberamente erompere nell’arcata dentaria – e che il Medico operante, pur avendo correttamente individuato il trattamento da eseguire (estrazione), aveva poi eseguito l’intervento in maniera non corretta, cagionando una lesione al nervo alveolare e linguale inferiore di sinistra per la rottura della fresa impiegata.   Inoltre l’Odontoiatra non aveva, poi, gestito in maniera adeguata le individuate complicanze secondo le linee guida internazionali.

La CTU, difatti, ha evidenziato che “in caso di dubbio residuo radicolare o dubbia presenza di corpo estraneo metallico, le buone prassi di settore prevedano l’effettuazione di un controllo radiografico nell’immediato post-operatorio o al più tardi nelle 24/48 ore successive, controllo che nel caso di specie era mancato, impedendo una tempestiva completa bonifica dell’area con rimozione subitanea dei frammenti ossei e metallici rimasti in sede.”

Ed ancora “sussiste la mancata corretta diagnosi della presenza di residui coronoale dell’elemento dentale e del corpo estraneo metallico nel sito estrattivo chirurgico a causa della quale si era reso necessario un ulteriore ricovero, oltre che al mancato rilascio del consenso informato.”

Alla luce di tali elementi, il danno biologico è stato così quantificato: invalidità permanente nel 3 %,; temporanea assoluta 7 giorni; temporanea parziale pari al 50% 20 giorni, ed ulteriori giorni 20 per invalidità temporanea parziale al 25%. Pertanto, il danno biologico, in applicazione delle tabelle di cui all’art. 139 cod. ass. previste per le lesioni micro-permanenti di lieve entità, viene quantificato in euro 3.782,55, oltre ad euro 880,54 per spese mediche documentate.

Avv. Emanuela Foligno

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