Patologie mentali e fisiche e conseguente improcedibilità (Corte Costituzionale, 7 aprile 2023, n. 65).

La Corte Costituzionale interviene sulle patologie mentali e fisiche ai fini della improcedibilità sancendone la eguaglianza.

Con ordinanza del 2 dicembre 2021, il Tribunale di Lecce, sezione seconda penale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 72-bis  c.p.p. penale, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, «nella parte in cui non prevede che il giudice dichiari non doversi procedere nei confronti dell’imputato, anche nei casi in cui la sua irreversibile incapacità di partecipare coscientemente al processo discenda da patologie fisiche e non mentali». In via subordinata, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 159 c.p., ultimo comma, sempre per violazione dell’art. 3 Cost., «nella parte in cui non prevede che la sospensione del decorso della prescrizione, nel caso in cui dipenda da sospensione del processo per impossibilità di procedere in assenza dell’imputato, non operi anche nelle ipotesi in cui tale sospensione sia imposta dall’impossibilità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo».

La vicenda vede protagonista un uomo affetto da SLA ed imputato per reati edilizi.

Nel giudizio principale l’uomo è imputato per reati edilizi e la patologia dallo stesso sofferta  ne ha progressivamente determinato la paralisi, l’incapacità di parlare e finanche di respirare in autonomia, sicché il processo è sempre stato rinviato per legittimo impedimento.

Ad avviso del Tribunale di Lecce la prima disposizione censurata violerebbe il principio di uguaglianza nel prescrivere che il Giudice pronunci sentenza di improcedibilità solo quando l’imputato non possa coscientemente partecipare al processo per patologie mentali irreversibili e non anche quando l’incapacità processuale derivi da altrettanto irreversibili patologie fisiche.

Per il Giudice rimettente, l’impossibilità di emettere la sentenza di improcedibilità ex art. 72-bis c.p.p. in ragione della natura fisica e non mentale dell’infermità determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento, ricorrendo anche in tale fattispecie l’esigenza di fare cessare un processo destinato a non essere mai celebrato, che assorbe inutilmente risorse pubbliche e inutilmente infligge all’imputato infermo una “sofferenza psicologica aggiuntiva”.

Ed ancora, sempre secondo il Giudice rimettente,  l’art. 159, ultimo comma, c.p. (nel testo applicabile ratione temporis) violerebbe l’art. 3 Cost., in quanto non risulta esteso a favore dell’imputato, affetto da patologia fisica, il limite massimo di durata della sospensione del corso della prescrizione viceversa fissato riguardo all’ipotesi della sospensione del processo per assenza. Conseguentemente, il solo riferimento alla sfera psichica dell’imputato contenuto nella disciplina del codice di rito sull’improcedibilità determina un’irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato affetto da patologie mentali e quello che versi nella medesima impossibilità causata, però, da patologie fisica, la quale comprometta  le facoltà di coscienza, pensiero, percezione, espressione.

Evidenzia, infine, il Giudice a quo, che la rilevanza dello stato complessivo dell’imputato in funzione di un pieno esercizio dell’autodifesa e la connessa relativizzazione dell’importanza dell’origine fisica, o mentale, della patologia incidente sull’autonomia della persona, non ha avuto un adeguato riscontro nella giurisprudenza allorché si è trattato di confermare l’applicabilità dell’art. 72-bis c.p.p. all’incapacità processuale di natura fisica (Cass. Pen., n. 14853/2021).

La Corte Costituzionale evidenzia che il riferimento esclusivo alla sfera psichica dell’imputato, che in linea astratta può dedursi – e che la giurisprudenza di legittimità desume – dall’impiego dell’aggettivo “mentale” nel testo dell’art. 72-bis c.p.p., determina un’irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato, il quale non possa esercitare l’autodifesa in modo pieno a causa di un’infermità mentale stricto sensu, e quello che versi nella medesima impossibilità per un’infermità di natura mista, anche di origine fisica, la quale tuttavia comprometta anch’essa le facoltà di coscienza, pensiero, percezione, espressione.

Ergo, anche per patologie diverse da quelle definibili come malattie “mentali” occorre, quindi, che il Giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere qualora sussistano le condizioni indicate dall’art. 72-bis c.p.p., cioè qualora lo stato psicofisico dell’imputato sia tale da impedirne in modo irreversibile la cosciente partecipazione al procedimento nel senso del pieno esercizio delle facoltà di autodifesa e non ricorrano i presupposti per l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.

La Corte, quindi, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 72-bis, comma 1, c.p.p., nella parte in cui si riferisce allo stato “mentale”, anziché a quello “psicofisico”.

Avv. Emanuela Foligno

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