Sono accusati di negligenza, imprudenza e imperizia per aver sottovalutato la mancata guarigione della ferite dopo un’operazione di riduzione del seno

Due medici di una struttura ospedaliera veneta sono finiti a giudizio con l’accusa di lesioni aggravate a seguito di un’operazione di mastoplastica riduttiva bilaterale. Il fatto risale a fine 2014, quando una donna, in virtù di alcuni problemi alla schiena, decise di ricorrere al bisturi per una riduzione del seno.

Tuttavia, dopo l’intervento i camici bianchi avrebbero sottovalutato la mancata guarigione delle ferite della mammella destra e la successiva infezione. Lo riporta il Corriere delle Alpi specificando che gli imputati erano anche gli addetti all’ambulatorio chirurgico incaricati delle visite post-operatorie.

Nei loro confronti, dunque, pende l’accusa di una condotta caratterizzata da negligenza, imprudenza e imperizia.

Solo al settimo controllo, i sanitari avrebbero prescritto alla signora una terapia antibiotica. Questa peraltro si sarebbe rivelata insufficiente e non idonea, in quanto non sarebbero stati effettuati gli accertamenti necessari per identificare il germe responsabile dell’infezione.

Tali esami sarebbero stati effettuati all’undicesimo controllo, a inizio 2015. Nel frattempo i medici avrebbero provveduto solamente a “medicazioni palliative”. Inoltre, il risultato del tampone sarebbe stato considerato in maniera inadeguata, senza il consulto dell’infettivologo per la conferma della diagnosi e la relativa prescrizione terapeutica.

A febbraio, la paziente decise quindi di rivolgersi al Pronto soccorso di una seconda struttura. Qui vennero fatti tutti gli accertamenti necessari che portarono alla corretta diagnosi e al ricovero per lo svolgimento della terapia.

Nonostante la completa guarigione, la donna, decise di presentare denuncia. L’inchiesta aperta dalla Procura di Belluno è sfociata nel rinvio a giudizio per i due professionisti. La paziente, che per quasi tre mesi non ha potuto lavorare, ha inoltre avanzato una pretesa risarcitoria nei confronti dell’Azienda sanitaria, costituendosi parte civile nel processo. La parola spetta ora al giudice.

 

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