Ritardata diagnosi da parte del personale sanitario nel corso delle visite periodiche del lavoro (Tribunale Napoli, Sentenza n. 10607/2023 pubblicata il 20/11/2023).

Il lavoratore ritiene la responsabilità del centro servizi che effettuava le periodiche visite ai lavoratori per ritardata diagnosi.

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. viene adito il Giudice del Lavoro chiedendo la condanna al risarcimento dei danni subiti da parte del centro di servizi che effettuava le visite periodiche ai lavoratori.

Il ricorrente ha dedotto che, in occasione delle visite del 09.02.2016 e 18.01.2017, pur in presenza di alterazioni degli esami ematochimici (globuli rossi ed emoglobina), anziché approfondire il quadro clinico, il personale del Centro resistente lo ha ritenuto privo di patologie ed idoneo alle mansioni, mentre in realtà deve essere addebitata una responsabilità da ritardata diagnosi, con riduzione delle chances di sopravvivenza, avendo il ricorrente scoperto solo nel settembre del 2017 di esser affetto da Linfoma Non-Hodgkin.

Secondo la tesi del lavoratore, in realtà, la malattia era già in atto dal 2016 perché in occasione delle visite mediche, ex D.Lgs. n. 271/99, del 9.2.16 e del 18.1.17, risultavano palesi alterazioni degli esami ematochimici (in data 09.02.2016 i Globuli Rossi erano 4.180.000, in data 18.01.2017 erano 4.210.000, mentre i valori di riferimento nella norma sono 4.500.000-5.500.000), quelli effettuati in data 18.1.17 erano  palesemente patologici.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli con ordinanza del 03.12.2019 ha rilevato la sua incompetenza a decidere la controversia per essere competente il Giudice Ordinario (giudizio n. 34748/2019 r.g.a.c.), rimettendo gli atti al Presidente del Tribunale, il quale lo ha poi assegnato alla Sezione civile.

La CTU ha negato in modo categorico che esista non solo una omissione colposa da parte dei sanitari che hanno effettuato le due visite nella diagnosi della malattia ma, con giudizio controfattuale, hanno precisato che anche se si fosse potuto accertare all’epoca la patologia, il decorso della stessa, non sarebbe mutato.

I CTU hanno precisato che “le cause della malattia non sono ancora del tutto chiare. I fattori genetici sembrano essere importanti, visto che circa il 20% dei pazienti ha almeno un familiare affetto da altri tumori delle cellule B. Nel caso di specie la madre del lavoratore è deceduta a 83 anni per Leucemia Linfatica Cronica, mentre la sorella, di anni 47, affetta da Linfoma Non Hodgkin esordito circa 6 anni orsono, in follow-up negativo dopo trattamento chemioterapico….. Questa particolare forma di linfoma può essere diagnosticata in pazienti asintomatici, in seguito a esami del sangue che rivelano la presenza di una quantità eccessiva di anticorpi di tipo IgM. I principali criteri diagnostici sono la presenza di anticorpi IgM monoclonali nel sangue associati all’infiltrazione del midollo osseo da parte di cellule tumorali che esprimono proteine specifiche sulla loro superficie. Pertanto, per la diagnosi della malattia è necessario quantificare e caratterizzare sia gli anticorpi sia le cellule tumorali……… in occasione degli accertamenti di laboratorio del 9/2/16 e 18/1/17 il Quadro Proteico Elettroforetico risultò nella norma e che quali uniche alterazioni riscontrate si registrarono una lieve riduzione del numero di globuli rossi (rispettivamente, 4.180.000 e 4.210.000, in costanza di normalità delle altre cellule del sangue) e della concentrazione

di emoglobina (rispettivamente, 12,7 e 12,8 gr/dl, corrispondenti a valori di Hb più bassi di 0,3 gr/dl e 0,2 gr/dl rispetto ai valori inferiori di riferimento indicati dal laboratorio. Tutto ciò, come si è detto, in costanza di negatività anamnestico-clinica…..Nelle visite del 9.2.16 e 18.1.17 le alterazioni riscontrate erano di oggettiva lieve entità e non potevano esser considerate indice di patologia, rientrando nella variabilità generale dei parametri ematologici, a sua volta legata a fattori preanalitici ed analitici. Una lieve riduzione del numero dei globuli rossi e dell’emoglobina, in costanza di rilievi anamnestico-clinici nella norma, non era annoverabile quale indice di allarme per patologia da indagare o segnalare, non rappresentava valida motivazione per dover far attivare i medici competenti nel senso di un necessario approfondimento diagnostico del lavoratore.”

Inoltre “un’eventuale diagnosi precoce di malattia non avrebbe probabilmente comportato alcuna concreta modifica della gestione terapeutica, posto che si ritiene che i pazienti affetti da macroglobulinemia di Waldenström che non presentano sintomi non debbano essere trattati e che non esiste un trattamento risolutivo per siffatta patologia che per le sue caratteristiche va incontro a periodi di remissione ma non di completa guarigione. La presenza di una quantità eccessiva di anticorpi nel sangue non è di per sé motivo sufficiente per iniziare la terapia.”

Sulla base di tutte queste considerazioni viene escluso che la condotta dei Medici Competenti che assicuravano il servizio sanitario organizzato dalla società convenuta abbia comportato un qualche ritardo nell’inizio della terapia perché all’epoca delle visite del 9.2.2016 e 18.1.2017 non era concretamente possibile diagnosticare il LNH da cui è affetto l’attore.

Non vi è, quindi, prova del nesso causale, prova che doveva essere fornita dall’attore.

La domanda viene rigettata.

Avv. Emanuela Foligno

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