Sleeve gastrectomy lesiona la capsula splenica (Corte Appello Napoli, Sentenza n. 3927/2023 pubblicata il 19/09/2023).

La paziente, in data 5 Dicembre 2011, veniva sottoposta ad intervento chirurgico di “Sleeve Gastrectomy”. L’operazione era stata preventivata per ingresso in laparoscopia, ma poco dopo,  a causa di una lesione della capsula splenica, si trasformava in intervento con laparotomia.

L’intervento aveva comportato una lesione iatrogena in fase endoscopica dell’organo splenico, e di conseguenza era stata effettuata l’asportazione chirurgica della milza a cielo aperto.

L’operazione veniva descritta nei seguenti termini:…”In prossimità del polo superiore della milza che copre l’angolo di HIS si verifica un’accidentale lesione della capsula splenica, con notevole sanguinamento che non si riesce a dominare per via laparoscopica. Si converte in laparotomia xifo-sovraombelicale. Si aspira notevole quantità di sangue e si lussa la milza dall’esterno. Si procede a splenectomia previa legatura e sezione del peduncolo vascolare….Rimozione dello stomaco resecato…”

Successivamente alle dimissioni (avvenute 17.12.2011), a causa di una febbre ersistente, e soprattutto a seguito della formazione di un ascesso sub-frenico a sinistra, la donna veniva nuovamente ricoverata,  dapprima dal 21 al 23 Dicembre 2011, e poi dal giorno 29 Dicembre 2011, per essere sottoposta allo svuotamento della raccolta ascessuale per via laparoscopica. Tale intervento era stato eseguito in data 4 Gennaio 2012, e successivamente la paziente era stata dimessa in data 12 Gennaio 2012.

A distanza di circa 12 mesi, perdurando dispepsia e dolenzie addominali, formatosi un vistoso laparocele addominale mediano, era stata costretta ad un nuovo ricovero, ma questa volta presso altra Struttura, per essere sottoposta ad un intervento di addomino-plastica, con dimissioni in data 17 Dicembre 2012.

Secondo la tesi dell’attrice, la vicenda sanitaria presentava varie complicanze, cagionate dall’imperizia del chirurgo operatore: la lesione accidentale della capsula splenica, quindi la splenectomia, la raccolta ascessuale sottodiaframmatica ed infine un voluminoso laparocele. Tutte queste complicazioni avevano comportato vari interventi chirurgici, ed erano direttamente dipendenti tra loro. Ergo nel corso della sleeve gastrectomy, con la lesione della milza, si erano prodotte a cascata varie complicazioni: l’ascesso sub-frenico, che aveva obbligato la paziente ad un doppio ricovero, con un gravissimo corredo sintomatologico, sfiorando la setticemia; il grave laparocele, prodotto dai ripetuti tagli della parete addominale per le varie operazioni chirurgiche.

Il Tribunale di Napoli Nord, accoglieva parzialmente la domanda  e condannava la Struttura al pagamento della somma di euro 99.920,00; rigettava la domanda di manleva assicurativa proposta dalla detta Struttura. In particolare, con riferimento alla responsabilità medica,  il primo Giudice, ha ravvisato la sussistenza di profili di colpa a carico dei sanitari liquidando un danno biologico permanente nella misura del 24%.

La Struttura soccombente propone gravame, dolendosi, per quanto qui di interesse, della rigettata domanda di rivalsa nei confronti dell’assicurazione.

Primariamente i Giudici di Appello esaminano la sussistenza di profili di colpa, a carico dei sanitari. La paziente , prima dell’intervento, era affetta da obesità severa, diabete ed iper-lipidemia. La milza asportata è risultata “di volume lievemente superiore alla norma, ma priva di qualsivoglia patologia.”

Dunque è pacifico che la lesione della milza fu dovuta non già ad una sua pregressa anomalia, bensì ad una manovra errata, frutto di imperizia chirurgica, tale da rendere necessario l’intervento “a cielo aperto”, anziché per via laparoscopica. Inoltre l’asportazione della milza in sede di sleeve gastrectomy, in sé considerata, ha comportato il peggioramento delle condizioni di salute della paziente, trattandosi di un organo che combatte le infezioni e produce anticorpi.

Il CTU ha chiarito come il laparocele sia un’ernia della parete addominale, creatasi in conseguenza di una ferita chirurgica; quindi, la causa del laparocele non può essere individuata nell’aumento di peso della paziente. Ed ancora “ L’intervento gastro-restrittivo, eseguito sulla signora, ha presentato una serie di complicanze, riconducibili ad imperizia e negligenza dei sanitari. La lesione della milza, verificatasi in laparoscopia, è stata causata da una manovra non perfetta; vale a dire, la lesione e l’asportazione della milza sono state determinate da una colposa imperizia chirurgica…….La paziente doveva essere sottoposta all’intervento gastro-restrittivo per via laparoscopica, e non già per via laparotomica (come invece avvenuto).”

Per tali ragioni i Giudici di appello ritengono che la condanna risarcitoria in favore della paziente e a carico della Struttura merita di essere confermata, anche sotto il profilo del quantum debeatur.

Venendo alla domanda di manleva rigettata dal Tribunale, è stato evidenziato che la polizza invocata dall’ente sanitario fosse sottoposta al regime claims made. Dunque, la garanzia era operante per le sole richieste di danni avanzate nel periodo di validità della polizza.

L’assicurazione ha eccepito la non operatività della polizza, non essendovi prova che il danneggiato abbia formulato la richiesta di risarcimento entro il periodo di vigenza del rapporto assicurativo; il Giudice di primo grado ha accolto l’eccezione della compagnia.

In punto di diritto, i Giudici di appello ritengono di aderire ad una consolidata giurisprudenza, che ha compiutamente ricostruito la fattispecie del contratto assicurativo caratterizzato dalla clausola claims made. In primo grado è stata ritualmente acquisita la richiesta bonaria di risarcimento danni, indirizzata dalla paziente  alla Struttura, a mezzo di lettera racc.ta a/r, pervenuta il 24 Maggio 2013. Pedissequamente è stata acquisita la missiva del 29 Maggio 2013, con la quale la Struttura ha comunicato alla compagnia il pervenimento della richiesta bonaria di risarcimento danni.

Quindi, si tratta di una richiesta di risarcimento validamente e tempestivamente inoltrata, in costanza di rapporto, e quindi in piena osservanza delle indicazioni contrattuali. Sul punto il Tribunale ha errato nel ritenere che la prima istanza risarcitoria corrispondesse alla notifica dell’atto di citazione del 5.6.2015.

Avv. Emanuela Foligno

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