Sospetta patologia tumorale non approfondita (Cassazione civile, sez. VI, 25/05/2022, n.16874).

Sospetta patologia tumorale non approfondita dalla Ginecologa e conseguente ritardo diagnostico di tumore.

La paziente cita a giudizio dinanzi il Tribunale di Roma la Ginecologa e l’Azienda Ospedaliera invocando la responsabilità professionale per il ritardo diagnostico.

A sostegno della domanda esponeva che, recatasi dalla Ginecologa il 2 gennaio 2006 per una visita, la Specialista ometteva di prescriverle ulteriori accertamenti, nonostante dalle recenti ecografie portate in visione risultasse una sospetta patologia tumorale.

Nel corso del giudizio la donna decedeva e si costituivano in sua vece gli eredi, successivamente il giudizio si interrompeva nei confronti dell’azienda Ospedaliera per amministrazione straordinaria e proseguiva nei confronti della Ginecologa.

Il Tribunale accertava il ritardo diagnostico e accoglieva la domanda condannando il Medico al risarcimento dei danni liquidati nella somma di Euro 65.874,00.

La Ginecologa propone gravame e la Corte d’Appello di Roma lo rigetta con condanna alle spese. La decisione viene impugnata in Cassazione.

Con l’unico motivo di ricorso la Ginecologa eccepisce la propria responsabilità per omesso approfondimento della sospetta patologia tumorale e lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 196 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, relativamente alla invocata rinnovazione della CTU.

Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello, recependo in modo acritico le conclusioni della C.T.U., non avrebbe illustrato le ragioni di rifiuto al rinnovo della consulenza, così come richiesto. Il rinnovo della CTU, secondo la Ginecologa, era doveroso perché i dati risultanti dalle ecografie prodotte dalla paziente non dimostravano, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’appello, che la patologia tumorale fosse già molto avanzata in occasione della visita del 2 gennaio 2006.

La Suprema Corte ritiene il motivo inammissibile.

Viene osservato che i Giudici di merito non si sono limitati a recepire acriticamente le conclusioni del C.T.U., ma hanno dato conto del perché le diverse conclusioni della parte appellante non erano meritevoli di accoglimento, ritenendo quindi non necessario il rinnovo della Consulenza tecnica.

La Corte territoriale, nel confermare il ritardo diagnostico della Ginecologa, che non approfondiva la sospetta patologia tumorale, ha richiamato un ampio stralcio della CTU, la quale ha posto in luce le ragioni per le quali, essendo il tumore allo stadio IIIC nel maggio 2006, era da supporsi che lo stesso dovesse essere almeno allo stadio II nel momento della visita, cioè il gennaio 2006.

Conseguentemente, un tempestivo intervento diagnostico avrebbe potuto garantire alla paziente una vita più lunga e in condizioni migliori.

La doglianza della ricorrente, attraverso l’apparente formulazione di una censura di violazione di legge, censura, in realtà, un vizio di motivazione finalizzato a un differente e non consentito esame del merito.

Non sussiste  la prospettata omissione nei sensi ammessi dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poiché la questione della responsabilità professionale di ritardo diagnostico è stata ampiamente, e correttamente, esaminata dalla Corte d’appello.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile con condanna alle spese.

Avv. Emanuela Foligno

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