Mentre la società civile e l’opinione pubblica da tempo sono pronte ad affrontare i temi del Testamento Biologico e dell’Eutanasia, la politica solo ora comincia ad affrontare la questione con una discussione in Commissione Affari Costituzionali che, però, divide i due filoni riguardanti il fine vita.

«Responsabile Civile» ha fatto il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive che una nuova legge aprirebbe, con Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni, promotore dalla campagna Eutanasia legale.

«La situazione attuale è che c’è il diritto a interrompere le terapie, anche le terapie vitali, ed è un diritto affermato sulla base dell’articolo 32 della Costituzione e della giurisprudenza nei casi Welby in particolare ed Englaro. Questo è quello che si può fare ora in termini di libertà di scelta».

Ora, però, a seconda di come si svilupperà la discussione in Commissione e quindi in Aula, le cose potrebbero andare in maniere diametralmente opposte.

Cosa sarebbe peggio della situazione attuale? «Una legge contro il Testamento Biologico, cioè una legge che preveda che le indicazioni del malato non siano vincolanti e che non si possa rinunciare all’idratazione e alla nutrizione artificiale. Sarebbe un modo per impedire anche e persino attraverso un giudice di ottenere la situazione per esempio di Eluana Englaro. Sarebbe una legge da rigettare in tutti i modi» ci spiega Cappato commentando un possibile primo scenario.

Che cosa si può fare, invece, che potrebbe migliorare la situazione attuale? «La prima cosa è rendere il sistema sanitario obbligato a rispettare la volontà della persona e aiutarla nella interruzione delle terapie: oggi il diritto a interrompere le terapie è sulla carta, ma se poi le strutture non lo fanno, è molto difficile per il malato che non sia molto supportato in termini giuridici ottenere quello che vuole. Perciò, la prima cosa è un obbligo a rispettare le volontà del malato sulle interruzioni delle terapie» continua Cappato. «La seconda cosa che si può ottenere è una buona legge sulle direttive anticipate di trattamento che le rendano vincolanti». In sostanza, una prospettiva di miglioramento sarebbe quella in cui una legge obblighi il sistema sanitario obbligato a rispettare sia le indicazioni di una persona cosciente – interruzione delle terapie – sia per una persona che dà delle indicazioni per quando non sarà cosciente – direttive anticipate .

C’è anche un terzo punto che, spiega Cappato, «è quello della soluzione francese che dice: non solo bisogna rispettare le volontà della persona, ma se una persona chiede una sedazione terminale, va fatta. Lo si lascia morire, che è una cosa diversa dal suicidio assistito, perché il paziente si spegne per un decorso naturale, ma sotto sedazione. Questo in Italia è già possibile, solo che anche qui non è normato con l’obbligo da parte del Sistema Sanitario di rispettare la volontà della persona».

Ci sono poi altri obiettivi, come quello del suicidio assistito e dell’eutanasia attiva, quindi l’aiuto medico a morire attraverso una sostanza letale che, ricorda ancora Cappato, «è un punto sostenuto dalla maggioranza degli italiani, ma che è un tabù per la politica». Un tabù che si può superare solo «se ci sarà un dibattito vero, televisivo, con tribune politiche che accompagnino il dibattito parlamentare» perché, spiega, «diventerebbe difficile ignorare l’opinione pubblica. Diversamente questo obiettivo diventerebbe impossibile, ma anche il miglioramento rispetto alla situazione attuale sarebbe difficile».

«Fino a che punto si riuscirà ad arrivare nel rispettare la volontà della persona dipenderà dal grado di conoscenza e coinvolgimento dell’opinione pubblica al riguardo».

A cura di Monica Gasbarri

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