Respinto il ricorso di una donna condannata per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti per essere stata trovata in possesso di un etto di cocaina con una purezza del 75%

Con la sentenza n. 16369/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una donna condannata in sede di merito per il reato di produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nello specifico, l’imputata era stata trovata in possesso di un etto di cocaina con una purezza del 75%, pari a 500 dosi medie singole.

Nel rivolgersi alla Cassazione la ricorrente eccepiva che il fatto dovesse essere qualificato di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per l’incensuratezza, la modalità rudimentale di reperimento della sostanza destinata alla vendita, le scarse accortezze nella custodia della stessa, l’assoluta episodicità della condotta desumibile dal mancato rinvenimento di strumenti utili al confezionamento.

Per la Suprema Corte, tuttavia, il ricorso è manifestamente infondato perché consiste in doglianze riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai Giudici di merito.

Secondo i Giudici Ermellini, la Corte territoriale, con motivazione logica e razionale la aveva confermato l’accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale ravvisando, tra l’altro, che la donna aveva investito nell’attività delittuosa mezzi economici cospicui anche in considerazione delle sue sostanze patrimoniali, mentre le modalità e circostanze dell’azione apparivano di rilevante allarme sociale ed avevano evidenziato il collegamento sia con esponenti degli ambienti criminosi in grado di procurarle ingenti quantitativi di cocaina sia con una platea ampia di consumatori, in grado di assorbire il quantitativo di sostanza acquistato.

Dal Palazzaccio hanno dunque evidenziato significativi elementi, univocamente conducenti verso la qualificazione del fatto come di non lieve entità.

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