Tutela dei dati personali/sanitari e diritto alla difesa: quale diritto prevale?

Tutela dei dati personali/sanitari e diritto alla difesa: prevale quest’ultimo rispetto alla tutela dei dati personali.

In tal senso si è espressa la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I,  Sentenza n. 39531 del 13 dicembre 2021- Presidente Genovese – Relatore Nazzicone) : “L’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra i quali quello all’esercizio del diritto di difesa in giudizio”.

La vicenda approdata all’esame di legittimità riguarda la posizione di un dirigente che aveva sottoscritto un Fondo di previdenza complementare: alla sua morte, la moglie adiva il Tribunale di Rovereto per ottenere l’accesso alla documentazione previdenziale del marito.

La vedova deduceva che il marito, gravemente malato, sostituiva i beneficiari del Fondo in danno della medesima e della loro figlia: di qui, l’intenzione di promuovere un giudizio per riduzione della legittima o l’azione di annullamento, ex art. 428 c.c.

Il Tribunale di Rovereto accoglieva la domanda, ai sensi dell’art. 24 del D.LGS. n. 196/2003, ritenendo la necessità di difesa in giudizio un interesse giuridicamente rilevante rispetto alla tutela dei dati sanitari e personali.

Il Fondo impugna la decisione, con ricorso affidato a due motivi di diritto: 1) la violazione degli artt. 9 e 24 del D.LGS n. 196/03 in tema di ostensione dei dati personali concernenti le sole persone decedute ma non i terzi; 2) la falsa applicazione dell’art. 14 del D.LGS. n. 252/05, asserendo che la ricorrente non era erede, in forza del testamento olografo redatto dal de cuius.

La Suprema Corte ritiene le doglianze infondate.

I fondi pensione sono assimilabili, per analogia, alle assicurazioni sulla vita e, ai sensi dell’art. 24 del D.LGS. n. 252/05, in caso di morte dell’aderente la sua posizione è interamente riscattata dagli eredi, ovvero, dai diversi soggetti designati dal de cuius.

Nel caso concreto la moglie dell’assicurato deceduto non ha chiesto i dati sanitari e personali del de cuius ma quelli di terzi, invocando l’esigenza di intraprendere una causa di natura ereditaria o di annullamento di atti per incapacità naturale. Ergo non si può discorrere di tutela dei dati sanitari e personali del contraente.

A tale fattispecie, pertanto, si applica l’art. 24 del D.LGS. n. 196/03 che esclude che occorra il consenso dell’interessato vertendosi in tutela dei dati sanitari, se il trattamento dei dati sanitari e personali è necessario per far valere o difendere un diritto in giudizio.

Ed infatti, l’interesse alla riservatezza deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra i quali quello all’esercizio del diritto di difesa, ove autentico e non surrettizio.

Neppure occorre la previa pendenza di un procedimento in cui sia parte il soggetto che chiede l’accesso ai dati, perché la tesi difensiva va verificata nei suoi termini astratti e non nella sua concreta idoneità a provare la tesi stessa o avuto riguardo alla ammissibilità o rilevanza dello specifico mezzo istruttorio.

Tali conclusioni trovano conferma anche nella riforma della materia della riservatezza, operata dal d.lgs. n. 101/18 e dunque il Giudice non è tenuto, ex art. 152 D. Lgs. 196/2003 ad accertare l’effettiva qualità di erede in capo al ricorrente.

Il ricorso viene rigettato e la Suprema Corte afferma il principio di diritto:  “è legittima l’ostensione dei dati al beneficiario della posizione previdenziale di un fondo pensione, allorchè il richiedente alleghi l’interesse, concreto e non pretestuoso, ad intraprendere un giudizio nei confronti del soggetto in tal modo designato dall’aderente al fondo, come allorchè la richiesta provenga dal legittimario del de cuius.”.

In altri termini, prevale il diritto di difesa, in presenza di un interesse concreto e dimostrato, rispetto alla tutela dei dati sanitari e personali.

La redazione giuridica

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