La sindrome dell’arto straniero, conosciuta come xenomelia, è un disturbo dell’integrità del senso del corpo che colpisce soprattutto gli uomini

Il termine xenomelia (dal greco xeno + melos), ideato nel 2011 dallo psicologo John Alexander McGeoch, si riferisce al desiderio di allontanare da sé uno o più arti, in prevalenza la gamba sinistra. Una condizione di cui si ha evidenza già dalla fine del diciottesimo secolo, la letteratura riporta il caso di un ricco signore inglese che nel 1785 ha obbligato un chirurgo francese ad amputargli la gamba sinistra considerata come “l’ostacolo insormontabile alla felicità”. L’interesse scientifico-accademico per questa patologia è però recente, i primi studi a carattere neuro-psicologico e neuropsichiatrico, si hanno solo nel XXI secolo.
Per anni considerata una malattia mentale, la xenomelia è un disturbo dell’integrità del senso del corpo. Questo disturbo colpisce in prevalenza uomini di mezza età con una condizione socio economica medio alta. Secondo alcuni studi l’incidenza della xenomelia è inferiore a uno su 100mila persone in tutto il mondo. Non si ha però certezza di tutti i casi esistenti perché chi presenta questo disturbo è restio a parlarne, anche con il proprio medico.
Gli studi finora condotti sono, difatti, molto circoscritti soprattutto per il numero dei casi raccolti. Tra i più importanti c’è quello condotto dal team del Professor Peter Brugger dell’Istituto di neuropsicologia dell’Ospedale universitario di Zurigo.
Secondo Brugger i pazienti affetti da xenomelia presentano delle lesioni nelle aree parietali – che controllano la percezione del nostro corpo e della sua pozione nello spazio. L’uso di speciali risonanze magnetiche ha dimostrano che nelle aree parietali corrispondenti all’arto rifiutato – quindi nel lobo parietale destro in cui giungono le informazioni sensitive relative all’emilato sinistro – ci sono “grappoli” di attività celebrale ridotta in misura significativa rispetto alle aree delle altre estremità. In questi grappoli ad attività ridotta si ritiene ci sia una rarefazione di neuroni e sinapsi e un difetto di sincronizzazione che permette una sensibilità spaziale ma non di sentire l’arto come parte del corpo.
Alcuni studiosi come Nasrallah, vista la lesione del lobo parietale, associano la xenomelia alla schizofrenia poiché uno dei sintomi più diffusi di questa malattia è il non riconoscere sé stessi o gli altri.
I pazienti affetti da xenomelia si sentono over complete, cioè troppo completi, abbondanti per via dell’arto in eccesso. Sentono che il loro corpo è come non dovrebbe essere. Nelle testimonianze riportate nei principali studi sulla xenomelia, i pazienti dicono di sentire “esattamente la linea dove la mia gamba dovrebbe finire” o che si sentono “completo senza la mia gamba sinistra … sono troppo completa con essa”. L’amputazione ristabilirebbe il loro senso dell’integrità del corpo, a dispetto dell’invalidità che ne deriverebbe. L’amputazione di arti sani è però illegale in molti paesi, per questo chi presenta la xenomelia attua dei tentativi di amputazione auto-indotta come congelare l’arto, provocarsi ferite profonde o simulare gravi incidenti al fine di provocare l’amputazione dell’arto indesiderato.

Barbara Zampini

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