Viola i doveri di lealtà, correttezza e fedeltà nei confronti del proprio assistito, nonché quelli di diligenza professionale, l’avvocato che trattiene presso di sé somme del cliente, senza essere da quest’ultimo autorizzato, al fine di compensare i propri crediti professionali

La vicenda

Il Consiglio dell’ordine venne a conoscenza di una richiesta di sequestro conservativo, sino alla concorrenza dell’importo di 500.000 euro, avanzata dalla banca nei confronti di un avvocato, a garanzia del recupero di somme che l’istituto assumeva essere di propria competenza e che erano, invece, state trattenute indebitamente dal professionista.

Il consiglio dell’ordine chiese e ottenne dalla cancelleria del tribunale copia degli atti del procedimento cautelare e acquisì le deduzioni dell’avvocato, il quale spiegò di essere titolare di un notevole credito per prestazioni professionali nei riguardi della banca e perciò sostenne che, all’esito della compensazione tra i reciproci controcrediti, le rispettive poste creditorie sarebbero risultate completamente azzerate.

All’esito di tale interlocuzione il consiglio dell’ordine deliberò l’apertura di un procedimento disciplinare a carico del proprio iscritto, per la violazione di diverse disposizioni del codice deontologico, applicabile ratione temporis.

In particolare all’avvocato venne contestato:

  • il mancato rispetto dei doveri di lealtà, correttezza e fedeltà nei confronti del proprio assistito;
  • il mancato rispetto degli obblighi di diligenza professionale;
  • l’omissione di informazioni riguardo lo svolgimento del mandato;
  • il trattenimento presso di sé di somme del cliente, senza essere da quest’ultimo autorizzato a porre le stesse in compensazione con i crediti professionali da lui vantati.

L’ordine professionale, ritenendo accertate le predette responsabilità in capo all’avvocato, irrogò al medesimo la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività per un anno.

L’avvocato impugnò la decisione dapprima davanti al Consiglio Nazionale Forense, il quale rigettò il ricorso ed infine, davanti ai giudici della Suprema Corte di Cassazione.

La decisione delle Sezioni Unite

Ebbene le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 25392/2019) hanno confermato la decisione impugnata, rilevando come le censure addotte dal ricorrente non fossero state specificate.

E inoltre, quanto alla presunta intempestività della domanda, posto che si trattava di fatti risalenti agli anni 2005 e 2008 e, dunque, al decorso della prescrizione, il Supremo Collegio ha ribadito il principio di diritto per cui “l’avvocato che si appropri dell’importo dell’assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell’esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuità della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza, sicché, ove tale comportamento persista fino alla decisione del Consiglio dell’ordine, non decorre la prescrizione di cui all’art. 51 del R.d.l. n. 1578/1993 (Sez. Un. 5200/2019; n. 13379/2016).

Avv. Sabrina Caporale

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