Il rischio di parto prematuro aumenta se le donne in gravidanza respirano polveri sottili: lo rivela uno studio dell’ospedale pediatrico e Università di Cincinnati pubblicato su Environmental Health
Mentre le città italiane sono alle prese con le fortissime percentuali di polveri sottili presenti nell’aria che stanno spingendo le amministrazioni a misure drastiche per migliorare, almeno in parte, la salubrità dell’aria, dagli Stati Uniti arriva una ricerca che rischia di creare un nuovo, serio, allarme smog.
Secondo lo studio condotto dall’Ospedale pediatrico e Università di Cincinnati pubblicato sulla rivista Environmental Health, infatti, lo smog potrebbe aumentare il rischio di un parto prematuro.
La ricerca, che è stata condotta da Emily DeFranco, evidenzia come il rischio di parto prematuro può passare dal 19 al 28%, ma l’effetto è ancora più serio se l’esposizione avviene nel terzo trimestre di gravidanza.
L’indagine è stata condotta prendendo in considerazione da una parte le nascite avvenute nel periodo 2007-2010 (all’incirca 225mila) in Ohio e, dall’altra, i dati sull’inquinamento delle zone di residenza delle donne incinte che hanno poi partorito nel triennio considerato, registrate da poco meno di 60 centraline presenti in tutto lo stato. L’11% delle nascite prese in esame, ha interessato donne che sono state esposte a forti concentrazioni di inquinamento urbano nei primi tre mesi di gravidanza.
Ad essere considerate, in particolare, le concentrazioni di PM2,5, particelle che, se respirate, proprio per le loro piccolissime dimensioni sono in grado di raggiungere persino i nostri bronchi.
È stata la stessa DeFranco a specificare che, sebbene non si possa parlare di rischi particolarmente elevati, nel complesso questi dati devono tener conto che più di 1 gestante su 10 può essere esposta anche a grandi quantità di questa particella inquinante.
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