In caso di incendio di rifiuti, la responsabilità per custodia grava sul Comune o sul gestore dell’area di stoccaggio? Quasi trent’anni di vicenda giudiziaria non ancora terminata. Qui vi aggiorniamo sulla sentenza n.1077 del 10/01/2004 della Cassazione Civile, sez III.

La vicenda

Nel 1999 la Azienda Agraria agiva giudizialmente nei confronti del Comune di Pontecorvo per il risarcimento dei danni conseguiti all’incendio di due capannoni siti in un suo fondo, che aveva anch’esso subito danneggiamenti, adibito dal Comune a centro di compattazione e stoccaggio provvisorio di rifiuti solidi urbani.

L’Azienda evidenziava che il fondo era stato occupato d’urgenza nel 1994 per quattro mesi, ma che non era stato mai restituito e che l’incendio, sviluppatosi nell’agosto del 1998 nel bosco circostante, si era propagato fino ai capannoni per lo stato di abbandono dei rifiuti, le cui balle erano state lasciate giacere anche lungo la recinzione.

Il Comune chiamava in causa la Società cui aveva appaltato la gestione dell’impianto provvisorio di raccolta e gestione dei rifiuti con obbligo dell’appaltatrice di adottare anche le misure di sicurezza volte a prevenire incendi.

Quest’ultima evidenziava l’utilizzazione del sito solo fino al 1996, che nel 1998 (data dell’incendio) essa non se ne avvaleva da oltre due anni e che, comunque, dagli accertamenti svolti dai vigili del fuoco e dal corpo forestale era emerso che l’incendio era stato dolosamente appiccato nel bosco circostante da sconosciuti.

Nel merito, espletata C.T.U., il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell’attrice condannando solidalmente Comune e appaltatrice al pagamento di oltre 263.000 euro.

La decisione della Corte di Appello di Roma

Con sentenza n. 2831 del 13/7/2009 la Corte d’Appello di Roma rigettava la domanda dell’Azienda Agraria nell’assunto che il fatto del terzo, che aveva dolosamente appiccato l’incendio in tre punti diversi collocati fuori dell’area oggetto di custodia, aveva comunque interrotto “il nesso causale tra evento e responsabilità del custode”, chiunque esso fosse (il Comune che deteneva l’area o l’appaltatrice che non la aveva mai formalmente restituita).

Successivamente, con sentenza n. 1796/2013, le Sezioni Unite della Cassazione rigettavano i ricorsi incidentali condizionati del Comune e della appaltatrice in punto di giurisdizione e accoglievano il ricorso principale dell’Azienda Agraria, cassando con rinvio la decisione impugnata.

L’intervento delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite osservarono che “Nel presupposto che Comune, o Appaltatrice, o entrambi, fossero custodi del fondo dell’Azienda Agraria nel quale si trovavano i capannoni andati a fuoco a seguito della propagazione al fondo dell’incendio sviluppatosi (in piena estate) nel bosco circostante, non è sufficiente ad integrare l’apprezzamento del fortuito il rilievo che la causa scatenante del dinamismo causale sia riconducibile ad un atto doloso di un terzo, essendo necessario l’accertamento che la cosa (il fondo) dalla quale è derivato il danno (ai capannoni) non potesse oggettivamente considerarsi esposta al pericolo di essere attinta da un incendio che fosse scoppiato nel bosco, oppure che, oggettivamente essendolo, la propagazione dell’incendio fosse dipesa da cause straordinarie anche in relazione allo stato in cui il fondo si trovava …
Che l’origine della sequenza causale sia stata originata da fatti esterni non elide, infatti, la sussistenza del nesso eziologico fra altre possibili cause concorrenti e l’evento ove la prima non sia stata da sola sufficiente a determinarlo. E fra le altre possibili cause concorrenti ben può annoverarsi lo stato in cui era tenuto il fondo circostante i capannoni, che nella specie si assumeva colmo di rifiuti sino al confine col bosco, e dunque in uno stato tale da rendere agevole la propagazione di un eventuale incendio ai capannoni, a loro volta colmi di rifiuti”.

La causa di nuovo in Corte di Appello

La causa veniva riassunta dinanzi alla Corte d’Appello di Roma che rigettava l’appello principale della appaltatrice e quello incidentale del Comune di Pontecorvo.

Il Giudice del rinvio osservava che correttamente l’azione risarcitoria era stata rivolta dall’Azienda Agraria nei confronti del Comune, e non nei confronti dello Stato, perché non veniva in rilievo la condotta del Sindaco nell’emissione di ordinanze contingibili e urgenti e comunque un’attività pubblicistica (quale Ufficiale del Governo), bensì la detenzione materiale del fondo, da cui s’era propagato l’incendio; di talché la chiamata in giudizio della Appaltatrice era legittima.

L’Appaltatrice, dopo la cessazione dell’attività di stoccaggio dei rifiuti, aveva di fatto abbandonato il sito in condizioni non di sicurezza, senza darne segnalazione al Comune, sicché non poteva denegare la propria responsabilità adducendo il ruolo di mero gestore provvisorio della discarica. Il Tribunale, pertanto, correttamente condannava in solido Comune e Appaltatrice ai sensi dell’art. 2055 c.c., senza alcuna ripartizione di responsabilità interna, perché tanto non era stato richiesto da alcuno.

L’Appaltatrice impugna la decisione in Cassazione

La Suprema Corte, procede, ai fini della decisione, preliminarmente ad analizzare i due motivi di ricorso incidentale proposti dal Comune di Pontecorvo, tuttavia tardivamente ex art. 334, comma 2, c.p.c., giacché esso è stato notificato il 9/10/2020, e dunque oltre il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.

Sulla questione della ammissibilità dell’impugnazione tardiva e dei suoi presupposti, in caso di processo con pluralità di parti, sono state di recente investite le Sezioni Unite, a seguito di ordinanza interlocutoria n. 20588/2023 su ricorso n. 23425/16 r.g., chiamato per la pubblica udienza del 13/02/2024, e dunque la causa viene rinviata a nuovo ruolo in attesa della pubblicazione della suddetta decisione.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui