Intervento inadeguato di asportazione del canale fistoloso di pus e responsabilità sanitaria (Tribunale Pisa, Sentenza n. 1102/2023 pubblicata il 11/09/2023).

Il paziente invoca il ristoro dei danni derivanti dall’intervento inadeguato di asportazione del canale fistoloso di pus nella zona sacrale-ano che rendeva necessari altri due interventi chirurgici, rispettivamente di riparazione dell’ernia mediante protesi biologica e di riparazione di ernia muscolare da trazione.

La vicenda

Il paziente deduce che:

  • a) nell’anno 2007, lamentando laceranti dolori nella zona dell’ano, si era rivolto ai sanitari dell’Ospedale convenuto che procedevano ad un intervento di asportazione del canale di pus localizzato nell’ano;
  • b) anziché effettuare l’intera asportazione del canale fistoloso, i sanitari si limitavano ad una sommaria pulizia dello stesso, nonché all’apposizione di una placca in metallo, la quale, staccatasi dopo appena tre giorni, faceva regredire la situazione clinica allo stato precedente, tanto da non consentire una immediata soluzione chirurgica;
  • c) aveva vagato per diversi Ospedali, sia in Italia che all’estero, in cui i sanitari si rifiutavano di intervenire, in quanto non riuscivano ad individuare l’operazione adeguata da compiersi;
  • d) nel 2009 l’Ospedale era intervenuto chirurgicamente, ma l’intervento era risultato inutile; i sanitari, avendo preso visione dell’esistenza di fistole ormai prossime allo sfintere, preferivano soprassedere lasciando un lipoma del diametro di 3 cm e dichiarandosi non disponibili ad ulteriori interventi chirurgici;
  • e) nell’anno 2010, i sanitari dell’Ospedale prendevano nuovamente in cura il paziente ed effettuavano intervento d’urgenza proprio in ragione della esistenza di un lipoma della circonferenza di 3 cm; decidevano di apporre una protesi, la quale si staccava dopo appena due settimane per poi essere ripristinata, ma senza risultati apprezzabili, tantoché veniva deciso di intervenire chirurgicamente un’ulteriore volta, al fine di rinforzare la suddetta protesi; tuttavia, siffatto intervento non veniva realizzato senza una plausibile spiegazione;
  • f) nell’anno 2012 veniva rimossa la protesi e l’Ospedale riconosceva i propri errori risarcendo il danno in via transattiva;
  • h) successivamente, si rivolgeva all’Ospedale di Pisa, ove veniva sottoposto alle cure senza alcun risultato apprezzabile e, anzi, con ulteriori errori diagnostici ed esecutivi, tali da cagionare danni irreversibili per lo più determinati dall’inserimento di un c.d. setone; inoltre veniva asportato il gluteo essendo ormai irreversibili i danni cagionati.

La domanda è fondata

La CTU ha evidenziato profili di responsabilità per l’intervento inadeguato del 20/04/2007 e per l’intervento del 2/12/2010. In relazione al primo intervento i Consulenti hanno evidenziato che “non essendo stato effettuato l’esame istologico del pezzo operatorio, i Chirurghi non si avvidero di non aver effettuato un intervento radicale e quindi si verificò una recidiva della cistiL’esame istologico sarebbe stato un elemento fondamentale per definire la radicalità della exeresi, pertanto, la mancata effettuazione di tale esame sul materiale chirurgico, ha costituito una negligenza rilevante, che ha causato la recidiva della cisti“.

Di contro, la Struttura sostiene che l’intervento sarebbe stato eseguito correttamente anche considerando che le recidive in tali interventi sono da stimarsi nel 40-50%. I CTU hanno evidenziato che soltanto l’esame istologico avrebbe fornito quella prova “di aver bene operato, cioè di aver asportato integralmente ciò che si doveva asportare. In mancanza di tale esame, risulta altamente probabile, invece, che la recidiva sia stata causata da una incompleta asportazione della cisti, considerato che il rischio di recidiva in realtà è inferiore a quanto affermato dalla convenuta Azienda Sanitaria“.                                 

In relazione all’intervento del 2/12/2010, la CTU ha evidenziato che “si sarebbe dovuta eseguire una plastica, avendo verificato una lassità del tessuto La semplice sutura presumibilmente effettuata con punti riassorbibili, non fu sufficiente dal momento che la recidiva si manifestò dopo breve tempo”.

L’intervento inadeguato rese necessari i due interventi successivi

Ergo, l’intervento rese necessari i due interventi successivi (del 21 marzo 2011 e del 6 ottobre 2011), rispettivamente di riparazione dell’ernia mediante protesi biologica e di riparazione di ernia muscolare da trazione.

Concludono, quindi i Consulenti che “il breve tempo intercorso tra l’intervento e la recidiva ci fa ragionevolmente ritenere che vi sia stata una inadeguatezza nella progettazione e/o nell’esecuzione materiale della ricostruzione, in termini di probabilità e non di certezza, ma rientrando comunque nel “più probabile che non” proprio dell’ambito valutativo in cui ci troviamo”.

La liquidazione del danno

Venendo alla liquidazione, per i danni provocati dall’intervento del 20/04/2007, viene riconosciuto a titolo di danno biologico permanente l’importo di euro 2806,27, a titolo di danno biologico temporaneo la somma di €1803,05, a titolo di danno morale la somma di €1536,29 per un totale di complessivi €6145,61.

Per i danni provocati dall’intervento del 2010 viene riconosciuto l’importo di €17654,53, di cui €10193,83 a titolo di danno biologico permanente, €3047,40 a titolo di danno biologico temporaneo, €4413,30 a titolo di danno morale.

Avv. Emanuela Foligno

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