Il Giudice che liquida ai minimi tabellari la perdita del rapporto parentale deve fornire esplicita motivazione, diversamente risulta violato l’art. 2059 c.c. (Cassazione Civile, sezione I, n. 8880, 04/4/2024).

La decisione a commento risulta così massimata:

“Il giudice, qualora proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle tabelle predisposte dal tribunale di Milano, è tenuto ad esplicitare, in motivazione, se e come abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento integrale del pregiudizio subìto da ciascun danneggiato”.

La vicenda trae origine dall’impugnazione contro il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento.

Il Giudice ha respinto la domanda risarcitoria di perdita parentale presentata dalla convivente della vittima ritenendo mancante la prova di un rapporto di convivenza, ovvero un saldo e duraturo legame affettivo assimilabile a un rapporto coniugale. Invece, per quanto riguarda le sorelle e la madre della vittima viene liquidato il minimo tabellare.

Per quanto riguarda le due sorelle della vittima, il Giudice ha ritenuto di non discostarsi dai valori tabellari minimi tenuto conto della genericità delle loro allegazioni e dell’età della vittima (43 anni). Reputava sussistenti le medesime carenze probatorie anche con riguardo alla posizione della madre della vittima dando atto che “i capitoli di prova formulati risultavano generici in quanto privi di contestualizzazione temporale e comunque inidonei a dimostrare la frequenza dei comportamenti … mentre la CTU medico-legale invocata viene considerata esplorativa in mancanza di una perizia di parte idonea a suffragare l’esistenza del danno psichico lamentato”.

Il ricorso in Cassazione

Conseguentemente, le donne si rivolgono alla Corte di Cassazione censurando pesantemente la motivazione del Giudice come apparente, contraddittoria e priva dei riferimenti del caso concreto esaminato.

Quanto lamentato dalle donne è fondato perché il Giudice, al fine di evitare che la liquidazione del danno sia arbitraria e sottratta a ogni controllo, deve indicare i criteri che ha seguito per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum.

Sul punto la Corte di Cassazione è stata chiara nello statuire che sono censurabili le liquidazioni basate su criteri incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari ai dati di comune esperienza (Cass. 4310/2018, 2327/2018 e 13153/2017).

Il Giudice, pur avendo (correttamente) individuato i fattori di probabile incidenza sul danno (l’età della vittima e delle sorelle, ad esempio), ha poi (erroneamente) ritenuto di non discostarsi dai valori minimi delle tabelle milanesi senza offrire alcuna giustificazione.

La liquidazione del danno deve essere giustificata

Difatti, la Corte di Cassazione – nell’accogliere il ricorso proposto dalla madre, dalle sorelle e dalla convivente della vittima deceduta per infortunio sul lavoro – ribadisce che il Giudice, nella liquidazione del danno parentale al minimo tabellare, deve giustificare la sua decisione e dare atto di avere considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento integrale, come predicato dall’art. 2059 c.c., del danno ai congiunti.

Il Giudice del Tribunale di Pistoia ha errato a quantificare il risarcimento per perdita parentale nella soglia minima, attesi i fattori di personalizzazione allegati dai congiunti, e in medesimo modo per le sorelle, nonostante solo una di esse aveva rapporti quotidiani stretti con la vittima.

Errato, infine, anche il ragionamento posto alla base del diniego della perdita parentale alla compagna del lavoratore deceduto. Sul punto la motivazione resa dal Tribunale di Pistoia è del tutto apparente e non calata al caso concreto.

Avv. Emanuela Foligno

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