Il camice bianco avrebbe sbagliato valutazione, diagnosticando al paziente, poi morto per un aneurisma addominale, una dorso lombalgia

Inizierà a febbraio 2022 il processo a carico di un medico in servizio presso una casa di cura romana accreditata con il Servizio sanitario regionale, rinviato a giudizio per omicidio colposo in relazione al decesso di un 54enne, morto per un aneurisma addominale nel 2018.

In base a quanto ricostruito dal Corriere della Sera il paziente era giunto in pronto soccorso il 18 aprile in preda a forti dolori localizzati tra schiena e addome, che gli impedivano di muoversi. Il camice bianco indagato, tuttavia, dopo aver aver disposto una lastra, lo avrebbe dimesso con una diagnosi di dorso lombalgia dovuta a un’ernia del disco e la prescrizione di morfina.

Il 21 aprile, al persistere del malessere, la moglie aveva chiamato l’ambulanza e l’uomo era stato trasportato in Ospedale, al San Filippo Neri, dove il personale sanitario aveva subito individuato il reale problema. Nonostante un intervento d’urgenza, però, il 22 aprile era sopraggiunto il decesso, dovuto alla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale.

I familiari avevano quindi depositato un esposto contro il personale della struttura in cui era stata effettuata l’errata diagnosi e l’inchiesta aperta dalla Procura capitolina aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati della dottoressa ora finita a processo.

Nel capo di imputazione – come riferisce il Corriere – il Pubblico ministero titolare del fascicolo, basandosi sugli esiti degli accertamenti peritali, ipotizza che le chance di sopravvivenza della vittima “sarebbero aumentate significativamente” se l’aneurisma addominale fosse stato diagnosticato il 18 aprile. A tal fine – sottolinea il magistrato inquirente – “sarebbe stato sufficiente eseguire un’ecografia addominale”.

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