L’errore di diagnosi iniziale in sede di P.S. si presume sia stato causato dalla mancata esecuzione di esami strumentali come ad esempio l’ecografia muscolo –tendinea (Tribunale di Roma, Sentenza n. 8332/2021 del 12/05/2021-RG n. 64618/2016)

Il paziente cita a giudizio l’Azienda USL Roma 3, onde vederne accertata la responsabilità in relazione ai danni derivati dalle errate prestazioni mediche ricevute nel corso degli accessi presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di Ostia del 20.11.2011 e del 28.11.2011 e, in particolare, per l’omessa diagnosi di lesione tendinea.

In particolare, l’attore deduce:

  • in data 20.11.2011, a seguito di infortunio domestico alla mano sinistra, si era recato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ostia, ove i sanitari, diagnosticata la presenza di ferita alla base del terzo dito, avevano provveduto alla sutura e alla medicazione della ferita;
  • in data 28.11.2011 era tornato presso il medesimo Pronto Soccorso, ove i sanitari avevano rimosso i punti di sutura e considerato la lesione risolta;
  • in data 26.12.2011, portando una busta contenente generi alimentari, aveva avvertito un forte dolore al dito medio della mano sinistra interessato dal precedente infortunio;
  • nel gennaio del 2012, accusando dolore e limitazione funzionale al dito ferito, si era recato presso una diversa struttura, ove era stato diagnosticato un “deficit del flessore profondo del terzo dito della mano sinistra da taglio volare”; era stato quindi ricoverato e sottoposto a due interventi chirurgici per la ricostruzione del tendine.

Il paziente introduceva un giudizio di ATP presso il Tribunale di Roma, nel corso del quale veniva accertata la presenza di postumi permanenti e di un periodo di invalidità temporanea conseguente ai fatti di causa, ma l’Azienda Ospedaliera non concretizzava nessuna offerta risarcitoria.

Nel costituirsi a giudizio l’azienda Sanitaria deduce che a seguito della rimozione dei punti di sutura avvenuta in data 26.11.2011, il paziente aveva utilizzato la mano sinistra, e che lo stesso aveva avuto un altro incidente in data 26.12.2011, ragion per cui doveva ritenersi che i postumi emersi fossero conseguenza del secondo infortunio e non della scorretta prestazione resa dai Sanitari.

La causa viene istruita mediante acquisizione documentale ed espletamento di CTU Medico-Legale, e all’esito dell’istruttoria il Tribunale considera la domanda parzialmente fondata.

Preliminarmente viene ricordato che al fine della configurabilità della responsabilità sanitaria è necessario dimostrare che il Sanitario, o la Struttura, non abbiano rispettato il dovere di diligenza alla specifiche obbligazioni ex art 1176 comma 2 c.c..

Tale necessità prescinde dalla qualificazione della natura della responsabilità della clinica come contrattuale – per contratto di spedalità o contatto sociale con il sanitario della struttura – ovvero extracontrattuale, poiché è sempre necessario che ne venga provato l’inadempimento o l’inesatto adempimento.

Relativamente alla ripartizione dell’onere probatorio tra le parti, la Suprema Corte ha ribadito che “ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto o del contatto sociale e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante”.

L’attore ha dimostrato, attraverso la documentazione prodotta, il titolo da cui emerge l’obbligazione della parte convenuta e la negligenza dei medici nelle prestazioni svolte in occasione dei due accessi presso il Pronto Soccorso, in ragione dell’omessa diagnosi della lesione tendinea, a seguito della quale invoca postumi permanenti.

Nella CTU si legge: “si ritiene che la diagnosi iniziale espressa in sede d i P.S. non sia stata corretta perché incompleta…l’errore di diagnosi iniziale in sede di P.S. si presume sia stato causato dalla mancata esecuzione di esami strumentali come ad esempio l’ecografia muscolo-tendinea, esame ritenuto oggi come all’epoca del sinistro valido in questa tipologia di ferite da taglio, susseguito dall’elettromiografia la quale registra i potenziali attivi dell’apparato muscolo -tendineo ed anche quest’ultimo è un esame strumentale ben noto e estremamente esatto ed è adottato da diversi anni ” ..[..].. ” sarebbe stato opportuno svolgere gli accertamenti strumentali del caso clinico de quo mentre gli interventi chirurgici eseguiti in seconda battuta, pur essendo eseguiti in modo corretto, essendo stati eseguiti dopo un lasso di tempo troppo lungo dall’evento lesivo stesso, non hanno potuto evitare dei postumi lesivi ben evidenti ad oggi e stabilizzati “….” i postumi accertati sono la risultante della diagnosi iniziale non esatta perché incompleta e non sono conseguenti al trattamento chirurgico praticato in un secondo momento…si riscontra il rapporto nesso causale fra la diagnosi riportata in atti del P.S. ed i postumi lesivi accertati ed ad oggi stabilizzati descritti …”…” sussistono postumi permanenti nella misura del 9%, oltre a periodo di inabilità temporanea assoluta e relativa”….”Tali postumi incidono specificatamente sull’attività lavorativa di odontotecnico del paziente”.

Accertata, quindi, l’omessa diagnosi della lesione tendinea ed il nesso causale con i postumi insorti nel paziente.

Per contro, l’Azienda Sanitaria convenuta non ha fornito la prova di aver adottato le cautele prescritte dalle leges artis nell’esecuzione delle prestazioni rese dai propri sanitari, né ha fornito la prova di una presunta riconducibilità dei postumi ad un ulteriore trauma a carico della mano dell’attore avvenuto in data 26.12.2011.

Ciò posto, per la monetizzazione del danno, viene applicato l’art. 139 C.d.A. e i criteri tabellari inerenti le lesioni micropermanenti: a titolo di invalidità permanente del 9% viene liquidato l’importo di euro 15.506,96, oltre all’importo di euro 1.899,60 per inabilità temporanea assoluta ed euro 1.187,25 per inabilità temporanea relativa, per l’importo complessivo di euro 18.593,81.

Il Tribunale ritiene di aumentare del 20% l’importo complessivo del danno non patrimoniale al fine di garantire un risarcimento integrale, comprensivo anche dei pregiudizi sostanzianti il c.d. danno morale (dolori, sofferenze, disagi, patimenti d’animo).

Tale maggiorazione viene applicata tenuto conto che il danno morale è dovuto al danneggiato ai sensi dell’ art. 2059 c.c. (integrando il fatto una violazione di diritti costituzionalmente rilevanti, nella specie del diritto alla salute ed in considerazione della giovane età del paziente).

Invece, nulla viene riconosciuto a titolo di lesione della capacità lavorativa specifica.

Il danneggiato, riguardo tale posta risarcitoria, non ha dimostrato lo svolgimento della professione di odontotecnico svolta prima dei fatti di causa, né ha fornito prova di quanto dichiarato in atto di citazione, ossia di aver dovuto interrompere tale professione a causa dei postumi permanenti.

Complessivamente la somma spettante all’attore è pari ad euro 22.512,57.

Le spese di lite, e quelle di CTU, nonostante il parziale accoglimento della domanda attorea, vengono poste a carico dell’Azienda Sanitaria

In conclusione, il Tribunale, condanna l’Azienda Asl Roma 3, a pagare l’importo complessivo di euro 22.512,57, oltre il danno da ritardato ed interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza al saldo; condanna altresì l’Asl Roma 3 al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 6.500,00, oltre esborsi e accessori di legge.

Avv. Emanuela Foligno

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2 Commenti

  1. Salve, vi contatto per raccontarvi la mia storia. Il 4 Novembre scorso ho avuto un incidente sul lavoro, scivolando su una rampa che conduceva in magazzino. Da li i miei colleghi mi hanno accompagnato in pronto soccorso perchè la mia gamba destra era fuori uso e infiammata a dismisura. Recandomi al pronto soccorso più vicino cioè quello di Scorrano (le) mi sono stati chiesti i miei dati e come è avvenuto l’incidente, fin a quel momento niente di rilevante, al che dopo circa un’ora mi fanno salire in ortopedia in visita da un medico. Dopo varie manovre e palpazioni della gamba con relativi dolori annessi il medico mi dice che forse si trattava di una forte distrazione, ma che per approfondire serviva un esame ecografico che a detta del medico stesso in ospedale non potevano eseguire e mi avrebbero dovuto trasportare in un altro centro. Mi hanno lasciato due ore e mezza in sala d’attesa per sapere se questo esame si poteva eseguire scoprendo poi che si erano dimenticati di me! Ritornando giù in pronto soccorso mi fanno le dimissioni e mi scaricano fuori, senza un esame e senza neanche un trattamento antidolorifico. Non finisce qui, non contento e vedendo la situazione della gamba peggiorare, mi sono recato di mia iniziativa ad un altro pronto soccorso, quello di Tricase (le) dopo ben tre ore di attesa mi prende in carico un medico già innervosito dalla situazione del reparto in quanto l’unico medico a prendersi cura di più di venti persone. Dopo ancora delle dolorosissime palpazioni mi “rassicura” che si tratta di una distrazione, mi manda ad eseguire degli inutili raggi x dove scopro che il lettino per eseguire l’esame è rotto e che l’avrei dovuto eseguire in piedi, tanto che per i dolori quasi svengo. ho evitato questo grazie ad un infermiera che ha prontamente provveduto a farmi degli impacchi di acqua fredda. Da li anche questi ultimi mi mandano a casa con una diagnosi superficiale e che se avrei avuto problemi mi sarei dovuto sottoporre ad un esame di risonanza magnetica, cosa che ho dovuto fare di mia volontà e di mia propria tasca! Risultato dell’esame: Rottura del tendine quadricipitale, di mio conto ho dovuto trovarmi un medico per essere poi sottoposto ad intervento chirurgico dopo ben venti giorni!
    Ora chiedo: posso far valere i miei diritti e chiedere dei danni per questa situazione che mi ha procurato moltissimo disagio psicofisico?
    Grazie
    Michele Negro

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