Per affrontare la grande minaccia della resistenza antimicrobica  presentato il nuovo Action Plan che prevede una stretta collaborazione fra stati europei

Sono tre i pilastri su cui si regge l’Action Plan che la Commissione Europea ha adottato per fare fronte al problema della resistenza antimicrobica,  la capacità dei microrganismi di resistere ai trattamenti e la relativa e conseguente perdita di efficacia delle terapie oltre a gravi rischi per la salute pubblica.
Una preoccupazione sempre crescente che si traduce in 25mila decessi all’anno fra i cittadini Ue e un miliardo e mezzo di euro di spesa per i sistemi sanitari.  Una minaccia globale che richiede una risposta immediata. “Se non ci attiviamo subito, entro il 2050 produrrà più vittime del cancro”, dichiara Vytenis Andriukaitis, il commissario europeo per la Salute, mentre il commissario per la Ricerca, l’innovazione e la scienza, Carlos Moedas, ha evidenziato che “non si tratta di un problema che possa essere affrontato da un solo Paese e richiede invece una collaborazione tra i Paesi, così come tra il settore pubblico e quello privato”.
Aggiornando quello precedente del 2011, il nuovo piano è articolato in 75 azioni secondo un approccio strategico integrato, di tipo “one health” sulla base dello stretto collegamento fra salute umana, salute animale e ambiente.
I tre pilastri su cui è fondato riguardano il riconoscimento dell’importanza di avere dati completi e aggiornati da studiare, ampliare la ricerca per elaborare misure di contrasto e la necessità di una stretta collaborazione fra gli stati membri.
Migliorare quindi la raccolta dei dati potenziando ulteriormente il coordinamento fra gli stati impegnati attraverso misure di controllo e sorveglianza. Ricerca scientifica e innovazione verso gli agenti patogeni presenti nella lista presentata dall’Organizzazione mondiale della Sanità sanità (tra cui Hiv, tubercolosi e malaria), collaborando con le industrie di settore. Il carattere globale della resistenza microbiotica infine richiede infine una collaborazione fra gli stati e degli stati verso i Paesi in via di sviluppo ancora più esposti a questi rischi dei paesi membri.
 
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