La prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato di stalking può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune l’effetto destabilizzante

La vicenda

La Corte di appello di L’Aquila aveva confermato, anche agli effetti civili, la condanna dell’imputo in ordine ai reati di atti persecutori (stalking) e lesioni personali commessi ai danni della moglie separata.

Dopo aver ripercorso la serie continua di minacce, aggressioni fisiche e pedinamenti posti in essere dall’imputato ai danni della moglie, anche dopo l’applicazione di una misura coercitiva, i giudici della corte territoriale avevano evidenziato che tali comportamenti avevano cagionato alla persona offesa sofferenze e timori per la propria incolumità, tanto da spingerla a trasferirsi presso l’abitazione dei genitori.

La sentenza – certamente insindacabile in sede di legittimità quanto all’apprezzamento in fatto delle risultanze processuali, è stata confermata dai giudici della Cassazione, in quanto adeguatamente e logicamente motivata, e dunque ineccepibile.

La giurisprudenza in materia di stalking

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, nel delitto previsto dell’art. 612-bis c.p. l’evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 51718 del 05/11/2014); la prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante (Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012).

Invero – hanno chiarito gli Ermellini – “la sussistenza del grave e perdurante stato di turbamento emotivo preso in considerazione dall’art. 612-bis c.p. prescinde dall’accertamento di uno stato patologico, che può assumere rilevanza solo nell’ipotesi di contestazione del concorso formale con l’ulteriore delitto di lesioni. La fattispecie prevista dall’art. 612-bis c.p., infatti, non può essere ridotta ad una sorta di mera ripetizione di quella contenuta nell’art. 582 c.p.p. – il cui evento è configurabile sia come malattia fisica sia come malattia psichica – e per la sua consumazione deve ritenersi dunque sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto comunque destabilizzante dell’equilibrio psicologico della vittima” (Sez. 5 n. 16864 del 10 gennaio 2011).

“Tale effetto deve avere indubbiamente una qualche consistenza, come suggerisce il ricorso da parte del legislatore agii aggettivi “grave” e “perdurante” per qualificare gli elementi selezionati per caratterizzare l’evento in questione, ma ciò non significa che necessariamente ansia o paura debbano corrispondere ad un preciso stato patologico, nel senso proprio del termine.

Sotto il profilo probatorio tutto ciò significa che l’effetto destabilizzante deve risultare in qualche modo oggettivamente rilevabile e non rimanere confinato nella mera percezione soggettiva della vittima del reato, ma in tal senso anche la ragionevole deduzione che la peculiarità di determinati comportamenti suscitino in una persona comune l’effetto destabilizzante descritto dalla norma corrisponde alla segnalata esigenza di obiettivizzazione, costituendo valido parametro di valutazione critica di quella percezione” (Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, cit. in motivazione).

I giudici della Suprema Corte (Quinta Sezione Penale, sentenza n. 5112/2019) hanno confermato la pronuncia impugnata anche sotto il profilo sanzionatorio.

La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata giustificata facendo leva sulla gravità dei fatti, sulle modalità e reiterazione delle condotte (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008). Come più volte ricordato dalla giurisprudenza “non occorre che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione” (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010).

Ali effetti penali, la sentenza è stata tuttavia annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato.

La redazione giuridica

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