La mamma accusava da giorni forti dolori addominali; l’ipotesi è che fossero dovuti all’attorcigliamento del cordone, di cui il personale sanitario non si sarebbe accorto

Da giorni andava e veniva dall’Ospedale Ruggi di Salerno in preda a forti dolori ma dopo le visite ginecologiche veniva  rispedita a casa in quanto non ancora pronta per il parto. Venerdì scorso la donna, febbricitante, si presenta nuovamente al Pronto Soccorso e viene finalmente ricoverata. Il ginecologo decide di farla partorire dopo aver constatato il rallentamento del battito del feto.

La paziente, una giovane 32enne, viene quindi condotta in sala operatoria ma quando viene effettuato il taglio cesareo il neonato viene estratto privo di vita. L’ipotesi è che il piccolo sia deceduto per soffocamento. Il cordone ombelicale, infatti,  era annodato e lo strozzamento avrebbe impedito al feto di respirare e nutrirsi.

La famiglia ha deciso di richiedere l’intervento della magistratura per fare luce sull’accaduto e chiarire eventuali responsabilità del personale sanitario. La Procura di Salerno ha aperto un fascicolo disponendo l’acquisizione della cartella clinica della giovane mamma e il sequestro del corpicino del neonato per l’esame autoptico. Identificate sette persone tra personale presente in sala operatoria al momento del parto e coloro che avevano seguito la gestante nelle visite e negli esami nei giorni immediatamente precedenti.

Secondo i sospetti della Procura, sebbene la gravidanza fosse a scadenza, i dolori accusati dalla giovane donna nelle ore precedenti il parto potrebbero essere attribuibili proprio all’attorcigliamento del cordone ombelicale, di cui nessuno si sarebbe accorto. L’ipotesi, se verificata, aprirebbe una serie di dubbi circa il corretto operato del medico curante e di quanti hanno avuto contatti con la paziente. Nello specifico sarebbe necessario verificare se siano state adottate le procedure esatte e se era possibile, con esami più approfonditi, capire cosa stava accadendo al feto.

Nelle prossime ore è prevista l’autopsia, affidata a un perito nominato dal Sostituto Procuratore che esaminerà anche il cordone ombelicale  per capire se si sia annodato prima che il piccolo fosse estratto dal ventre materno o se nell’estrarlo i medici possano aver commesso degli errori che hanno portato a stringere il nodo e causare pertanto la morte del piccolo.

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