Chiede un passaggio e il conducente del veicolo, a causa della elevata velocità, perde il controllo e sbatte contro un muro.

Il passeggero del veicolo riporta gravissime lesioni, tra cui la riduzione di 7 cm di un arto, il Tribunale accoglie la domanda risarcitoria decurtando però il 20% a titolo di concorso colposo. Successivamente, la Corte di Appello ribalta la decisione di primo grado dichiarando responsabile al 100% il conducente del veicolo.

La Cassazione riforma la quantificazione del danno da incapacità di guadagno della vittima, di professione attore, confermando il resto (Cassazione civile, sez. III, 03/01/2024, n.138).

La vicenda

Il passeggero citava a giudizio, presso il Tribunale di Isernia, il conducente, il proprietario e l’assicurazione del veicolo responsabile del sinistro, allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Nello specifico, deduceva che il 30 dicembre 2012, verso le ore 2.30, si trovava nel centro di Isernia e chiedeva un passaggio al convenuto che stava transitando; dopo qualche centinaio di metri, a causa dell’elevata velocità, il conducente perdeva il controllo del veicolo e finiva contro un muro. Il ricorrente riportava gravissime lesioni fisiche, tra cui un’invalidità permanente dovuta alla riduzione di 7 centimetri di un arto. Lesioni che incidevano sulla sua capacità lavorativa, generica e specifica, futura legata alla professione di attore, e un danno biologico permanente quantificato in ATP nella misura del 47%.

Si costituiva in giudizio l’assicurazione, contestando la fondatezza della domanda attorea e deducendo la colposa e negligente condotta dello stesso danneggiato, che accettava un passaggio in macchina da persona in evidente stato di ebbrezza.

Il Tribunale di Isernia accoglieva la domanda risarcitoria e liquidava l’importo di euro 633.028,75, ravvisando però nella sua condotta un concorso colposo, quantificato nella misura del 20%. Il Giudice deduceva, al riguardo, che il tasso alcolemico del conducente del veicolo era talmente elevato da rendere evidenti le sue condizioni psico-fisiche alterate.

Il ricorso in Appello

La vittima ricorre in Appello chiedendo la propria esclusione del concorso colposo e la conseguente rivalutazione del risarcimento. La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 10/2021 del 19 gennaio 2021, accoglieva il ricorso condannando gli appellati, in solido, al pagamento di Euro 750.132,10, oltre interessi legali, spese di lite dell’ A.T.P. e del doppio grado di giudizio.

Riguardo il concorso colposo della vittima, i Giudici di Appello ritenevano non provato il fatto che lo stesso fosse a conoscenza dello stato di ebbrezza del conducente del veicolo e che, comunque, il concorso di colpa non era configurabile per mancata cooperazione attiva della vittima nell’evento colposo. Quindi, riquantificava i danni: 476.688,75 euro per invalidità permanente, pari al 47% stabilito dal C.T.U. e avuto riguardo all’età al momento del sinistro (20 anni), comprensivo del danno non patrimoniale, della sua personalizzazione al 25%, giustificata dalla giovane età del danneggiato e dalla gravissima e irreversibile compromissione delle sue future condizioni di vita; 22.601,25 euro per inabilità temporanea; 23.183,81 euro per le spese sostenute, documentate in atti. Quindi, devalutate le prime due voci di danno, applicando, gli interessi compensativi e la rivalutazione, stabiliva l’importo di 590.506,70 euro, oltre il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, quantificandolo in 136.441,59 euro.

La vittima impugna anche questa sentenza.

Il giudizio di Cassazione

La vittima lamenta, in sintesi, nullità della sentenza per contrasto tra affermazioni inconciliabili e contraddittorietà intrinseca nell’indicazione dell’età del danneggiato, avendo la Corte di merito individuato l’età in anni 20, in luogo di anni 19; errata quantificazione del danno e della incapacità di lavoro specifica, avendola la Corte parametrata al 47% del danno biologico, invece che al 100% come accertato dal CTU e dal primo Giudice; errata quantificazione del danno da mancato guadagno.

Solo la prima e l’ultima doglianza vengono ritenute fondate.
Il Giudice di merito che commette un errore nel calcolo del danno, utilizzando un moltiplicatore sbagliato rispetto all’età della vittima, incorre in error in iudicando, non emendabile con la procedura di correzione prevista dall’art. 287 c.p.c.. Tale errore non consiste in una inesatta applicazione delle regole matematiche, ma cade sulla individuazione dei dati numerici posti alla base del calcolo, traducendosi in un vizio logico della motivazione, perché impedisce la ricostruzione del ragionamento seguito dal Giudice per giungere alla decisione. Ciò comporta la nullità della sentenza nella parte relativa alla liquidazione del danno.

I Giudici di appello, nel calcolare il danno biologico permanente alla vittima, hanno commesso un grave errore in quanto, pur applicando correttamente i valori tabellari milanesi del 2018, in relazione alla sua età, hanno effettivamente utilizzato come parametro il valore “20”, anziché “19”, reale età al momento del sinistro (30 dicembre 2012). Questo errore di calcolo ha determinato una liquidazione monetaria errata ed inferiore a quella spettante.

Riguardo la riduzione della capacità lavorativa specifica, che secondo la vittima sarebbe errata perché parametrata sulla invalidità del danno biologico (47%), la S.C. non scrutina la censura in quanto vertente sulla rivalutazione dei dati fattuali e probatori che sono ad unico appannaggio del Giudice di merito.

Il danno permanente da incapacità di guadagno

Riguardo il danno permanente da incapacità di guadagno, i Giudici di secondo grado non hanno applicato il principio secondo cuiil danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con R.D. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell’innalzamento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l’integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all’art. 1223 c.c.”

La sentenza impugnata viene cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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