La misura dell’ isopensione, modificata dalla legge di Bilancio, offre la possibilità di andare in pensione 7 anni prima. Ecco come

L’esodo anticipato dei lavoratori anziani, noto anche come Isopensione, è una misura di “accompagnamento” al pensionamento introdotta dalla riforma Fornero nel 2012.

Questa sorta di scivolo pensionistico, utilizzato dalle imprese in caso di eccedenza del personale, ha subìto recentemente delle modifiche.

Queste sono intervenute ad opera della legge di Bilancio 2018 che ha portato l’ isopensione fino a sette anni.

Ma di cosa si tratta?

L’ isopensione, anche nota come assegno di esodo, può essere utilizzata solo dalle imprese che occupano mediamente oltre 15 dipendenti.

Questo al fine di gestire le situazioni di eccedenza ed esuberi del personale, facilitando il pensionamento dei lavoratori già prossimi alla pensione.

Aziende destinatarie, infatti, saranno quelle coinvolte in piani di ristrutturazione aziendale all’esito di un accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative in azienda.

Questo accordo dovrà poi passare al vaglio dell’Inps. L’istituto di previdenza potrà validarlo una volta verificato il rispetto delle condizioni. Tra queste, la consistenza organica dell’azienda.

I lavoratori coinvolti potranno decidere di anticipare l’età pensionabile fino a un massimo di quattro anni.

Ed è esattamente su questo punto che è intervenuta la manovra di bilancio modificando il periodo di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Come risultato delle modifiche legislative, si è stabilito che per il triennio 2018-2020 la durata massima dell’ isopensione potrà essere estesa fino a 7 anni.

Nel rispetto dell’accordo stipulato, l’azienda esodante si impegnerà a corrispondere al lavoratore, per tutto il periodo di esodo e fino al massimale di anni sopra indicato, un assegno di isopensione.

Questo avrà importo corrispondente a quello del trattamento pensionistico (sia di vecchiaia che anticipato) maturato nel rispetto delle regole vigenti. Almeno fino al momento in cui non si saranno definitivamente perfezionati i requisiti per andare in pensione.

Nel periodo utile per raggiungere il diritto all’assegno pensionistico definitivo, l’azienda provvederà anche al versamento della contribuzione figurativa correlata all’assegno di esodo.

In merito all’importo di quest’ultimo, tuttavia, non verrà attribuita la perequazione automatica. Inoltre, non spetteranno i trattamenti per il nucleo familiare (ANF) e si applicherà l’Irpef.

Sarà comunque erogata la tredicesima mensilità. Tuttavia, non saranno effettuate sull’importo trattenute per il pagamento di oneri come riscatti e ricongiunzioni.

L’assegno verrà solo materialmente erogato dall’INPS al dipendente.

Tuttavia, vi sarà alle spalle il versamento della provvista all’Istituto da parte dell’azienda che, tra l’altro, sarà tenuta a garantirla con fideiussione bancaria.

Poiché gli oneri di tale procedura saranno integralmente a carico dell’impresa, questa viene utilizzata da aziende aventi una particolare consistenza e dimensione economica.

Va ricordato, infatti, che la modifica introdotta dalla legge 205/2017, che ha esteso il periodo in cui sarà possibile fruire dell’assegno di esodo (da 4 anni a 7 anni per il triennio 2018-2020), ha un preciso scopo.

Si punta, con tale modifica, a fornire misure rafforzate per affrontare gli impatti occupazionali derivanti dalla transizione dal vecchio al nuovo assetto del tessuto produttivo.

Il tutto senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e aggravi sull’attuale sistema previdenziale.

In tal modo, lo scivolo di quattro anni rispetto all’età per la pensione di vecchiaia o per quella anticipata potrà essere portato fino a sette anni, previo consenso dell’impresa esodante.

 

 

 

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