Pedone incastrato nel tombino stradale non a livello (Tribunale Crotone, Sentenza n. 201/2023 pubblicata il 20/03/2023).

Tombino stradale non a livello dell’asfalto e pedone rimane incastrato nelle feritorie.

Il pedone cadeva a terra riportando lesioni a causa di  un tombino traballante e non in piano, che aveva fatto sì che la propria scarpa rimanesse incastrata facendola cadere.

La donna riportava la frattura composta del collo del femore dell’anca sinistra e veniva sottoposta ad intervento chirurgico di osteosintesi mediante viti e deduce la responsabilità del Comune nella sua qualità di gestore delle strade.

Il Comune, costituendosi in giudizio, deduce che dalla relazione istruttoria della Polizia Municipale era emerso che nella strada luogo del sinistro il marciapiede è in buone condizioni  e sullo stesso sono ubicati n.7 tombini, tutti ben ancorati al suolo.                            

Il Tribunale ritiene la domanda infondata.

La responsabilità per cose in custodia invocata ha carattere oggettivo, e per la sua configurazione è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa e il danno arrecato.               

La ratio dell’art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta.

Tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante), bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità.

Sulla scorta di tali pacifici principi, il danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

L’ attrice non ha fornito alcuna dimostrazione:  è rimasto non meglio identificato il luogo del sinistro e le fotografie depositate mostrano unicamente due tombini, senza che gli stessi siano in alcun modo collegabili ad un luogo determinato, potendo essere fotografie di due qualsiasi dei tombini disseminati sulle strade comunali.

Dall’esito delle prove testimoniali, inoltre, non sono emersi elementi di supporto alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, in quanto l’unico teste di parte attrice, si è limitato a confermare le circostanze riferite dall’attrice, senza aggiungere nulla di rilevante, avendo anche confermato che al momento del presunto evento vi era luce diurna.

Ergo, l’evento si sarebbe verificato, secondo la prospettazione attorea, in ore diurne, in condizioni di perfetta visibilità delle condizioni della strada. In altri termini, se parte attrice avesse conformato la propria condotta al rispetto delle normali regole precauzionali, avrebbe potuto avvedersi tempestivamente della sconnessione del tombino per adottare tutte le misure idonee a salvaguardare la propria incolumità.

L’insufficienza ab initio del supporto probatorio e delle allegazioni non può essere colmata dall’espletamento di una CTU, che sarebbe chiaramente esplorativa.

La domanda viene respinta con condanna alle spese.

Avv. Emanuela Foligno

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